Anni Albers sul design

Il volume pubblicato dalla casa editrice Johan & Levi propone, per la prima volta in lingua italiana, gli scritti di Anni Albers relativi al proprio approccio tecnico e filosofico all’arte tessile.

Annelise Else Frieda Fleischmann nasce a Berlino il 12 giugno 1899.
Nel 1922 si trasferisce a Weimar per frequentare la Bauhaus e seguire le lezioni di colore di Paul Klee; qui conosce Josef Albers con cui si unisce in matrimonio pochi anni dopo. I due sposi nel 1933, per sfuggire alla furia nazista, abbandonano il ruolo di docenti alla Bauhaus ed emigrano negli Stati Uniti. Si stabiliscono al Black Mountain College in North Carolina dove hanno l’opportunità di proseguire con l’insegnamento e Anni dà vita a un laboratorio di tessitura per esplorare le potenzialità di nuovi materiali, trattamenti e tecnologie nella creazione di opere via via sempre più sorprendenti.
Opere protagoniste nel 1949 di una mostra personale al MoMA di New York che, di fatto, la assurge all’Empireo dei maestri del design del dopoguerra.
Sono quindici i testi raccolti in Sul design, il libro da poco edito da Johan & Levi, e spaziano da contributi per volumi sulla Bauhaus e sugli artisti che vi sono transitati a discorsi pronunciati ad eventi del settore, da articoli per riviste specializzate ad atti di convegni. Quindici testi volti a condividere la passione per un’attività che affonda le radici nella notte dei tempi e guarda al futuro, appropriandosi rapidamente di ogni nuovo filato, di ogni rivoluzionario trattamento prodotto dall’industria chimica e di ogni miglioria meccanica disponibile sul mercato.
Il lungo contatto con gli studenti al Black Mountain College stimola in Anni Albers il bisogno di tramandare quanto appreso nel corso della carriera e indurre a un processo di sperimentazione costante, voltandosi indietro a constatare la strada compiuta dall’arte tessile a partire dall’epoca degli antichi peruviani, obbligati a lavorare “senza niente salvo i detriti naturali, costretti a costruirsi un telaio con rametti o steli d’alga essiccati, a usare come fili piume di uccello o foglie strappate” (pag. 9). Una riflessione quest’ultima che richiama un tema ricorrente nelle pagine del libro: il rapporto tra l’artigiano, unico artefice di oggetti creati manualmente, a partire dalle materie prime locali, per soddisfare una richiesta diretta della comunità o dei singoli committenti, e la moderna industria che produce su larga scala, con processi meccanizzati, cercando di anticipare le esigenze di un ampio mercato. Nel contesto industriale il processo produttivo si articola da prassi in una sequenza di fasi nettamente separate l’una dall’altra, ciascuna affidata a una figura specializzata nel proprio campo di pertinenza con capofila i designer. “Il design è diventato sempre più una prestazione intellettuale, l’organizzazione di quelli che sono gli elementi costruttivi in un insieme, elementi la cui funzione viene compresa ma non può più essere immediatamente esperita. Il design, oggi, è modellazione indiretta” (pag. 25).
I testi raccolti in Sul design in un certo senso si propongono come un lascito alle nuove generazioni e appaiono, a distanza di decenni, di estrema attualità in un’epoca di profonda crisi economica. “Nei periodi di crisi c’è bisogno di reagire con flessibilità. La nostra formazione dedica troppo tempo a fornirci nozioni anziché prepararci alla realtà, perde così di utilità e diventa fine a sé stessa” (pag. 49) teorizza Anni Albers riallacciandosi al metodo didattico in voga alla Bauhaus dove la pratica manuale riporta i giovani ed entusiasti studenti, formatisi nelle accademie d’arte, al contatto con la realtà. Accumulare nozioni non è utile quanto agire in prima persona, sebbene riconosca sia più confortevole il ruolo di spettatore invece di quello di attore. Mettere tuttavia per un po’ da parte gli strumenti da disegno e sedersi al telaio permette di allenarsi a “schivare i colpi inferti dal materiale, il nostro avversario” (pag. 52); porre in discussione le proprie convinzioni teoriche apre la mente e consente di raffinare via via la tecnica e, all’occorrenza, la creatività, scoprendo nuove soluzioni e migliorando il pregio dei prodotti finali.
Citando il titolo del primo dei testi che compongono Sul design, Design: anonimo e senza tempo scritto nel 1947, l’artista in più passaggi sottolinea quindi come il fine di un oggetto debba essere la sua utilità e non il manifesto dello stile di un determinato autore; il valore del design si identifica nell’efficacia nel rispondere a una determinata funzione e non alla mera estetica perché è il primo fattore quello che si apprezza, oggi come domani.
Le riflessioni di Anni Albers spaziano inoltre dall’arte tessile alle discipline a essa apparentemente distanti quali, ad esempio, l’architettura poiché entrambe basate sulla “costruzione di un insieme a partire da elementi separati che conservano la propria identità” (pag. 36). In aggiunta, nella prefazione Nicholas Fox Weber, direttore della Josef and Anni Albers Foundation, descrive il metodo di scrittura dell’artista equiparandolo alla modalità in cui approccia il telaio per creare nuovi lavori.
Pagina dopo pagina si entra nel mondo di questa straordinaria maestra del design, approfondendo l’approccio filosofico al processo creativo e gli stratagemmi per affrontare la sfida cui ogni nuovo materiale la pone dinnanzi.

Silvana Costa

Anni Albers
Sul design
prefazione di Nicholas Fox Weber

traduzione di Mariella Milan
Johan & Levi, 2023
15,5 x 23 cm, 120 pagine, immagini 18 b/n e 8 colore
prezzo 18,00 Euro
www.johanandlevi.com

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