Alla Pinacoteca di Brera proseguono sia il ciclo di iniziative volte a valorizzare i capolavori qui custoditi, sia il programma di ristrutturazione per trasformare il museo in un polo espositivo di respiro internazionale.
Nella Sala XXIV della Pinacoteca di Brera è ancora in corso il Primo dialogo. Raffaello e Perugino attorno a due Sposalizi della Vergine quando James M. Bradburne presenta il nuovo appuntamento con i capolavori custoditi nella prestigiosa istituzione milanese da lui diretta. Il Secondo dialogo. Attorno a Mantegna è anche l’occasione per mettere mano all’allestimento ideato dal regista Ermanno Olmi per il Cristo morto (1470-1474) di Andrea Mantegna e la Pietà (1467-1470) di Giovanni Bellini, ripensando contestualmente anche tutte le prime sette sale espositive del percorso di visita. Ora, per ammirare il capolavoro mantegnesco, non è più necessario avanzare nella penombra e, giunti al cospetto del dipinto, doversi quasi inginocchiare per coglierne i dettagli. Cristo morto, pur nella sua straordinarietà, viene reinserito all’interno di un percorso che si sviluppa in ordine cronologico, senza sbalzi temporali, consentendo ai visitatori di cogliere assonanze con i dipinti coevi e le straordinarie invenzioni dei Maestri. Al rosso scuro scelto per far risaltare le dorature di tavole e cornici di epoca medievale, nelle sale dedicate al Rinascimento è stato sostituito il blu nella stessa tonalità che illumina il manto della Madonna con il bambino (1510) di Giovanni Bellini, collocata in fondo alla galleria formata dalla concatenazione delle Sale VI e VII. Un’esplosione di colore e di luce che allude alla grande ventata di innovazioni introdotte in campo sociale ed artistico nel XV secolo. Cristo morto, posizionato su un setto eretto al centro della galleria, risalta come non mai rimanendo, al contempo, parte di un complesso organico.
La costruzione prospettica centrale, utilizzata da Andrea Mantegna per strutturare la rappresentazione, permette all’osservatore che sta di fronte alla tela di sentirsi parte integrante della scena e la nuova collocazione dell’opera, posizionata ad altezza degli occhi del visitatore, sottolinea sia la grande rivoluzione dell’Umanesimo sia il nuovo corso proposto da James M. Bradburne alla Pinacoteca di Brera. Così come alla fine del Trecento la riscoperta delle civiltà greca e romana portarono all’antropocentrismo, allo stesso modo, rispolverando il pensiero di Franco Russoli, il visitatore e non l’opera d’arte in sé per sé diviene oggetto delle attenzioni della Direzione del museo. Russoli fu nominato direttore della Pinacoteca di Brera nel 1957 e dal 1973 al 1977 ricoprì il ruolo di Soprintendente ai Monumenti e alle Gallerie di Milano; suo l’ambizioso progetto della Grande Brera. Nel 1971 in occasione dell’intervento dal titolo Il museo come elemento attivo nella società tenuto per conto dell’ICOM – l’organizzazione internazionale dei musei e degli operatori museali – evidenziò le cinque funzioni che un museo moderno dovrebbe svolgere: acquisire, conservare, studiare, interpretare e mostrare. La Pinacoteca di Brera è forse uno dei pochi centri che riesce ad attuare tutti i punti di questa lista ma, a XXI secolo ormai iniziato, è importante che prosegua i lavori intrapresi per darsi una veste nuova, più accogliente, razionale e confortevole. Realizzare piccoli eventi come i Dialoghi, che facciano risaltare il patrimonio presente in sede, ha un alto valore didattico e crea una sorta di fidelizzazione del pubblico.
Per questo Secondo dialogo il curatore Keith Christiansen propone un confronto tra il celeberrimo Cristo in scurto di Andrea Mantegna e Cristo morto con gli strumenti della passione, dipinto da Annibale Carracci tra il 1583 e il 1585, proveniente dalla Staatsgalerie di Stoccarda. A questi due capolavori è stato apposto, per assonanza iconografica, il Compianto sul Cristo morto (1615) eseguito da Orazio Borgianni, oggi custodito alla Galleria Spada di Roma.
Si parlò a lungo in Europa dell’opera – che oggi definiremmo sperimentale – del Maestro veneto: molti artisti, più o meno consciamente citarono l’invenzione mantegnesca della rappresentazione fortemente scorciata e la resa naturalistica del corpo esanime di Cristo. Tra questi annoveriamo il Tintoretto nel Ritrovamento del corpo di San Marco (1562-66), Rembrandt con la Lezione di anatomia del dottor Deyman (1656) o, appunto, Annibale Carracci. Carraci, con crudo realismo, sceglie di ritrarre il cadavere in una posizione disarticolata, quando è appena stato rimosso dalla croce e posato su un piano in attesa di prepararlo alla sepoltura: sembra di assistere alla scena antecedente quella ritratta dal Mantegna, quando la salma, già ricomposta e ripulita, è vegliata dalle donne dolenti. Nell’opera di Carraci il torace appare segnato dalle ferite ancora sporche di sangue e la bocca è rimasta aperta dopo aver esalato l’ultimo respiro; sparsi sul tavolo ci sono gli strumenti di tortura e la pinza utilizzata per estrarli dalle carni. La solitudine del Figlio di Dio morto per salvare l’umanità, la drammaticità dei chiaroscuri, la brutalità delle pennellate di colore stese sulla tela e la crudezza di una rappresentazione minimalista conferiscono al dipinto una straordinaria modernità iconografica. Giustapponendo i due capolavori, il pubblico può cogliere istintivamente la differenza tra l’elegante scena mantegnesca e la forza sprigionata dalla rappresentazione del Carraci.
Come accadde in occasione del Primo dialogo, anche questa volta ai due protagonisti dell’evento si affianca un terzo soggetto che rappresenta un’evoluzione ulteriore della tematica iconografica del Cristo morto. Si tratta del Compianto sul Cristo morto (1615), vegliato dalla Vergine e da San Giovanni, proveniente dalla Galleria Spada di Roma, dipinto da Orazio Borgianni, artista di scuola caravaggesca. L’olio su tela dimostra grandi affinità con l’affresco realizzato dallo stesso autore nella Sagrestia di San Salvatore in Lauro a Roma inoltre, per soggetto e composizione, ricorda il capolavoro di Andrea Mantegna e, come questo, appare destinato a momenti di devozione privata. Il gioco di citazioni e differenze tra i tre dipinti è talmente complesso che i visitatori si soffermano a lungo per indagare ciascuno di essi con estrema cura.
Durante l’estate sarà ancora più semplice andare alla scoperta di questi e altri testori esposti alla Pinacoteca di Brera poiché, sino al 29 settembre, il giovedì sera, dalle 18.00 alle 21.40 il biglietto d’ingresso è ridotto all’imperdibile presso di soli 2,00 euro.
Silvana Costa
La mostra continua:
Pinacoteca di Brera – Sala VI
via Brera, 28 – Milano
fino a domenica 25 settembre 2016
orario mar-mer-ven-sab-dom 8.30-19.15 (biglietteria 8.30-18.40)
gio 8.30-22.15 (biglietteria 21.40)
chiuso lunedì
www.pinacotecabrera.org
Secondo dialogo
Attorno a Mantegna
Andrea Mantegna, Il Cristo morto, 1470-1474, Pinacoteca di Brera
Annibale Carracci, Il Cristo morto con gli strumenti della passione, 1583-1585, proveniente dalla Staatsgalerie di Stoccarda
Orazio Borgianni, Compianto sul Cristo morto, 1615, proveniente dalla Galleria Spada di Roma
a cura di Keith Christiansen
allestimento delle sale I-VII a cura di Giovanni Agosti, Marina Gargiulo, Maria Cristina Passoni, Cristina Quattrini
progetto e direzione dell’allestimento delle sale I-VII James M. Bradburne, Alessandra Quarto, Angelo Rossi
Catalogo:
Attorno a Mantegna
Skira/Brera, 2016
16,5 x 24 cm, brossura
prezzo 12,00 Euro
www.skira.net
Calendario dei Dialoghi 2016
10 novembre
Intorno a Caravaggio
Caravaggio (Michelangelo Merisi), Cena di Emmaus
1605-1606, olio su tela, 141×175 cm