Corrado d’Elia firma l’adattamento teatrale della celeberrima novella di Schnitzler, emblema della lotta interiore per affermare la propria identità in una società ipocrita e perbenista. Chiara Salvucci nel ruolo di Else è struggente e trascina il pubblico in un dramma più attuale che mai.
Else, la nuova produzione della Compagnia Corrado d’Elia liberamente ispirata a La signorina Else di Arthur Schnitzler, è in scena fino a domenica 9 febbraio al Teatro Spazio Tertulliano di Milano.
La novella è adattata per il teatro da Corrado d’Elia che affida la messa in scena a Davide Gasparro, regista anagraficamente giovane ma con all’attivo la direzione di una folta serie di opere, sia di prosa sia liriche, capaci di destare il plauso di pubblico e critica.
Else ha una connotazione atemporale, a rimarcare l’immarcescibile perbenismo che condiziona le azioni e i rapporti tra le persone: in nome dell’immagine di apparente perfezione da dover restituire all’interno del contesto sociale di appartenenza si soffocano desideri e pulsioni. L’allestimento ideato da Chiara Salvucci asseconda questa scelta narrativa ricreando la hall di uno di quegli alberghi di montagna dall’aria un po’ decadente, bisognosi di un radicale intervento di interior design poiché probabilmente rimasti immutati dal lontano 1924. Un grande specchio appeso in un angolo restituisce una visione distorta di quanto accade in scena, a sottolineare la scissione tra aspirazioni e imposizioni sociali, tra verità e le distorsioni cui giocoforza questa viene sottoposta nella narrazione, passando da una bocca all’altra.
La figura di Else (Chiara Salvucci) è l’unico elemento che si stacca da questa bolla sospesa nel tempo per assumere un’immagine a noi contemporanea: pur attingendo dalla descrizione che ne fa Schnitzler alcune peculiarità del personaggio infatti lo avvicinano emotivamente ai giovani della generazione Z. Else, per esempio, non è la classica signorina altoborghese di inizio Novecento, priva di una qualsiasi forma di ambizione che non sia un vantaggioso matrimonio, ma punta a dimostrare il proprio talento di attrice superando il test di ammissione all’accademia di arte drammatica e, poi, a costruirsi una carriera. Al test proporrà il monologo di Amleto e, durante la vacanza sulle alpi con zia Emma (Valeria Ducato), ogni occasione è buona per confrontarsi con i turbamenti del principe di Danimarca, rielaborandoli in chiave personale. Il dramma shakespeariano e, in senso più esteso, il teatro diventa così uno strumento per conoscere ed esprimere sé stessi. Else, completamente vestita di nero, infagottata nella felpa di cui sovente solleva il cappuccio sin sopra la testa per nascondersi dagli altri e con le scarpe sportive, è l’emblema della generazione Z contraddistinta – in base a studi psicologici – da alti livelli di ansia e frustrazione dovuti in parte a un forte indebolimento dell’autorevolezza della figura dei genitori. La fuga dalla realtà in questo caso non consiste nel rifugiarsi in un universo virtuale ma nel ballo, un atto muto ma, al contempo, un efficace gesto di ribellione che nelle movenze evoca i riti sciamanici per scuotere via la negatività aggrappata all’anima.
Elemento chiave del dramma, non a caso, è la lettera con cui la madre spinge Else a chiedere a Dorsday, un amico di famiglia che soggiorna nel suo stesso albergo, un prestito di 30.000 euro – poi diventati 50.000 – per ripagare i debiti di gioco del padre ed evitare lo incarcerino. Else si interroga a lungo sul credito di cui possano godere simili genitori, incapaci di gestire la propria vita, imponendo ai figli di risolvere i guai causati da una condotta sconsiderata, disinteressati agli obblighi verso una famiglia cui dovrebbero garantire protezione e benessere.
Il palcoscenico è rivestito da un tappeto verde che lo fa apparire un tavolo da gioco: la cornice perfetta per Dorsday (Andrea Bonati) per paragonare la vita a una partita a poker, dove il successo non dipende dalla sorte ma dalla capacità di manipolarla.
Dorsday accetta di aiutare il padre di Else a condizione che la ragazza gli si mostri nuda per un quarto d’ora. La richiesta la sconvolge tanto quanto la ripugna. Alcune sue conoscenti lo hanno fatto ma lei è di un’altra pasta morale inoltre, qualora accettasse e la cosa diventasse di pubblico dominio, scoppierebbe uno scandalo tale da segnarla per il resto della vita. Se scandalo però deve essere allora che sia per un gesto plateale.
Chiara Salvucci offre un’esemplare interpretazione di Else, restituendo con il corpo e la voce i moti dell’animo di una diciannovenne messa a confronto con situazioni ingestibili alla sua età. Credibile e coinvolgente nel dar forma alle diverse forme di disagio che ne affliggono il personaggio, in alcune scene arriva a colpire lo spettatore con la violenza di pugno allo stomaco. Una interpretazione che trae forza dall’adattamento di Corrado d’Elia che conferisce a Else, rispetto all’originale di Schnitzler, maggior spessore interiore anche creando quell’affinità di sentire con il principe di Danimarca. Maggior spessore interiore che sì la spoglia di tanta vanità e frivolezza ma non è sufficiente a farle imporre la propria volontà nel mondo degli adulti, condannandola al suo ineluttabile destino.
Arthur Schnitzler scrive La signorina Else in forma di monologo interiore e Davide Gasparro in alcune scene lascia agli attori il solo compito dell’interpretazione fisica mentre in sala echeggia il suono delle loro voci registrate. Un’interpretazione che nel caso di Valeria Ducato e Andrea Bonati si fa ieratica immobilità, sia quando impersonano zia Emma e Dorsday, sia quando vestono i panni dei genitori di Else. Immobili e inquietanti mentre pronunciano sentenze sulla ragazza senza cercare di indagarne le ragioni, senza dimostrare compassione esattamente come fa la società perbenista – nella Vienna di inizio Novecento come nel villaggio globale del nuovo millennio –, condannandola loro per primi con l’egoistico proposito di evitare di condividerne la sorte.
Valeria Ducato e Andrea Bonati dimostrano notevole abilità nel caratterizzare i propri personaggi e nel creare quel profondo abisso tra loro, irrigiditi in stereotipati ruoli sociali, e il danzare fuori dagli schemi di Else. Chiara Salvucci convince nel ruolo della giovane protagonista, conferendole quella sensualità di movimento sufficiente a eccitare Dorsday ma ancora priva della consapevolezza di una donna adulta.
La narrazione proposta da Davide Gasparro ha andamento sinusoidale, una scelta che se, da un lato, propone scene eccessivamente lente, dall’altro, per contrasto, finisce per enfatizzare i momenti di tensione, creando maggior coinvolgimento del pubblico in sala. Un calo di attenzione quindi che non pregiudica minimamente un giudizio assolutamente positivo di Else condiviso dal pubblico in sala al Teatro Tertulliano a giudicare dal lungo applauso tributato agli attori e al regista.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Spazio Tertulliano
via Tertulliano 70 – Milano
fino a domenica 9 febbraio 2025
www.spaziotertulliano.it
Else
di Corrado d’Elia
liberamente ispirato a La signorina Else di Arthur Schnitzler
regia di Davide Gasparro
supervisione artistica di Corrado d’Elia
con Chiara Salvucci, Andrea Bonati, Valeria Ducato
assistente regia Angelica Brocato
scene Chiara Salvucci
collaborazione scene Luna Maiore, Chiara Negrisoli
tecnico Francesca Brancaccio
fotografa di scena Emma Terenzio
produzione Compagnia Corrado d’Elia