Ghitta Carell realizza una serie di ritratti a quegli architetti cui il regime fascista conferisce un ruolo di primo piano legittimando l’ambizione di svolgere una funzione maieutica ed esclusiva nel tradurre in pietra le istanze rappresentative del nuovo ordine politico.Consideriamo la sede della Fondazione Piero Portaluppi un luogo magico, dove ancora sembra aleggiare lo spirito del celebre architetto che, nei primi decenni del XX secolo, ha contribuito alla trasformazione, in chiave moderna, del volto di Milano, consegnandoci edifici che, nel bene o nel male – dipende dal critico di riferimento – caratterizzano la fisionomia urbana. Qui, sino al 20 dicembre, è allestita la mostra di fotografia Tra le due guerre. Gli architetti di Ghitta Carell. Come suggerisce il titolo, i ritratti esposti ci restituiscono i visi di quei progettisti – architetti ed ingegneri – attivi nel ventennio fascista, quando gli interventi in campo edilizio ed urbanistico diventano mezzi di attuazione delle politiche economiche e simboli del nuovo regime.
L’ungherese Ghitta Carell, ormai trapiantata a Roma dopo gli anni dell’esordio fiorentino, tessendo un’articolata rete di contatti personali, arriva a realizzare, nel 1933 e nel 1937, i ritratti ufficiali di Benito Mussolini, acquisendo immediata fama. Il suo stile combina l’iconografia classica italiana con le immagini dei divi hollywoodiani, ovvero le nuove icone dell’immaginario popolare. Il percorso di mostra analizza il linguaggio della Carell presentando per ogni fotografia una scheda di analisi che sollevi parallelismi artistici e riferimenti stilistici. Ecco allora che il ritratto di Adalberto Libera viene accostato a quello di Cary Grant, quello della Carell stessa a La Reverie di Renoir mentre la posa di Marcello Piacentini in uniforme da Accademico d’Italia è ispirata a quella dei grandi condottieri del passato. La splendida serie di stampe d’epoca è intervallata da riproduzioni realizzate appositamente per la mostra, tratte dai negativi originali, al fine di completare il quadro della narrazione proposta dal curatore, Roberto Dulio. Il percorso è arricchito da una serie di pubblicazioni in cui compaiono i lavori della Carell e da momenti di approfondimento della sua tecnica fotografica. Le sue opere si distinguono per la luce che scolpisce i tratti severi delle autorità, avendo cura di porre una fonte anche dietro le spalle del soggetto, orientata dal basso verso l’alto, al fine di ammantarlo di un alone che ricordasse l’aureola dei santi; i mille accorgimenti in fase di stampa; il ritocco delle lastre dei negativi per enfatizzare l’espressività di un volto e, immancabili, data e firma apposte con un netto tratto bianco. “Come so fare io nessuno sa” confida a Elena, moglie dell’ingegnere napoletano Marcello Canino, sua assistente in studio dal 1930.
Nella capitale, Ghitta Carell si attiva per riuscire ad entrare in contatto con Marcello Piacentini, figura di spicco del panorama architettonico italiano per la sua vicinanza a Mussolini che, nel 1932, gli affida il progetto per la Città universitaria di Roma. Immortalare Piacentini non solo significa consolidare il suo ruolo di fotografa sia presso le più alte cariche del governo, sia attraendo altri architetti come nuovi clienti – un ritratto eseguito dalla Carrell equivale a un certificato di successo e, per i più giovani, è indizio di incrollabile ambizione al suo raggiungimento – sia promuovendo i lavori dello scultore Corrado Vigni, suo compagno da alcuni anni. Negli spazi della Fondazione si susseguono i volti ieratici di Portaluppi e Piacentini ma anche di Giuseppe Pagano, Mario Ridolfi, Angiolo Mazzoni, Eugenio Montuori, Giuseppe Vaccaro, Gaetano Minnucci, Giovanni Michelucci, Armando Brasini, Clemente Busiri Vici e molti altri.. La rassegna si completa con un serie di personalità collaterali quali Antonio Muñoz Soprintendente ai monumenti del Lazio e poi Ispettore generale delle Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma, con i ritratti ufficiali di Mussolini, dei suoi luogotenenti e dei membri della famiglia reale. Questa mostra presenta una serie di dicotomie intrinseche alla figura di Ghitta Carell: essere donna emancipata che lavora per la dirigenza di un regime estremamente maschilista; riuscire a far convivere le proprie origini ebraiche con una committenza che, nel 1938, promulga le leggi razziali; proporre l’immagine austera e virile del fascismo legandosi al contempo a personalità anticonvenzionali e determinate quali Maria Josè, Edda Ciano Mussolini e la critica d’arte Margherita Sarfatti.
È presente in mostra anche l’intervista alla fotografa realizzata da Gian Paolo Cresci il 26 aprile 1969 in cui Ghitta Carell si sofferma a lungo a ricordare l’incontro con Papa Giovanni XXIII nel 1960 per un servizio fotografico che le restituisce un’allure di notorietà dopo gli anni di oblio postbellico.
Silvana Costa
La mostra continua a:
Fondazione Piero Portaluppi
via Morozzo della Rocca 5 – Milano
orario martedì – domenica 10.00 – 18.00
fino a venerdì 20 dicembre
ingresso gratuito
www.portaluppi.orgTra le due guerre
Gli architetti di Ghitta Carell
a cura di Roberto Dulio
allestimento e progetto grafico Angelo Gramegna, Michele Galluzzo, Alessio D’Ellena
promossa dalla Fondazione Piero Portaluppi
con la collaborazione della Fototeca Storica Nazionale Ando GilardiPubblicazione:
Un ritratto Mondano. Fotografie di Ghitta Carell
a cura di Roberto Dulio
edito da Johan & Levi