Debutta al Teatro Elfo il nuovo spettacolo ispirato all’amore per l’arte – e per gli artisti – di Peggy Guggenheim. Il testo di Magdalena Barile offre numerosi spunti di dibattito, da un lato, sulla pratica del collezionismo e, dall’altro, sull’arte contemporanea.
Ida Marinelli è l’ideatrice e la protagonista di La collezionista, la nuova pièce di Magdalena Barile ispirata alla figura di Peggy Guggenheim, in scena in prima nazionale al Teatro Elfo Puccini di Milano fino a domenica 2 febbraio.
La marchesa (Ida Marinelli) è una grande amante dell’arte moderna che nel corso della vita scopre e finanzia pittori e scultori oggi acclamati in tutto il mondo. È restia invece a essere la mecenate di artisti contemporanei, quasi infastidita dal loro concentrarsi su tematiche ecologiste e sociali, creando opere che non trasudano affatto poesia e amore. Peggy Guggenheim è il riferimento principale per il personaggio della marchesa, come tanti cenni lanciati nel corso della rappresentazione lasciano intendere: la famiglia ebrea; lo splendido palazzo veneziano in cui vive circondata da opere d’arte; il ricco zio proprietario, a sua volta, di un’importante collezione d’arte o il rapporto anche amoroso – sofferto e non ricambiato – con artisti quali Picasso, Dalì e Pollock di cui narra nella propria autobiografia. L’autrice tuttavia rivela che esiste “anche una seconda figura e fonte d’ispirazione: Luisa Casati Stampa, nobildonna milanese, musa e anch’essa collezionista d’arte, che visse, come la Guggenheim, a ca’ Venier dei Leoni a Venezia”. Peggy Guggenheim nel periodo tra le due guerre riceve consigli su come muoversi nel mercato dell’arte da Marcel Duchamp e la marchesa, analogamente, ha al suo fianco Marcel (Angelo Tronca), un assistente dai modi un po’ ambigui, premuroso al limite della ruffianeria, incaricato di presentarle due nuovi artisti, Lux e Andy (rispettivamente Barbara Mazzi e Yuri D’Agostino), tra cui scegliere l’autore della nuova opera da inserire nella propria collezione.
Il confronto generazionale tra la marchesa e i due artisti mette sul piatto una serie di questioni legate al mondo del collezionismo. Si affronta il problema dei costi di gestione di una collezione privata, alla luce dei pochi o nulli aiuti ricevuti dalla pubblica amministrazione: la marchesa, anche in seguito alla nuova moda di protestare infierendo sulle opere esposte in musei e gallerie, opta quindi per chiudere la propria nel caveau del palazzo. Soggetti di opere, installazioni e performance nell’arco di un secolo si sono spostate prepotentemente verso la denuncia di problematiche sociali, trasformando gli artisti in militanti – a tratti monotoni, quasi seguendo la moda del periodo – per arrestare il cambiamento climatico, per la salvaguardia dell’ambiente, per la parità di genere, per l’equità sociale e via dicendo.
L’origine stessa della collezione è messa in discussione, insinuando come dietro il mecenatismo non ci sia la generosità verso giovani talenti in difficoltà ma mera strategia per assicurarsi a pochi soldi opere poi rivalutate all’ennesima potenza nel corso degli anni. Il dito viene inoltre puntato contro la dilagante abitudine di fotografare le opere esposte nei musei: non le si ammira più ma semplicemente le si osserva attraverso l’obiettivo dello smartphone, alla ricerca dell’inquadratura migliore per scatti che poi nessuno guarderà mai.
Basteranno le proprietà curative del miele, decantate sin dall’antichità, per lenire i traumi di questo sistema? Il regista Marco Lorenzi suggerisce a tal proposito come La Collezionista sia “un modo per interrogarci sulla nostra umanissima difficoltà di accettare l’approssimarsi della fine delle cose, della fine di un’epoca, di un tempo – il nostro – e il sorgere di un altro diverso e nuovo. Un tramonto, appunto. Che con sé porta sempre la promessa di un’alba (o così mi piace pensare)”.
Il connubio tra teatro e arti visive è divenuto da svariati anni una consuetudine al Teatro Elfo Puccini. Mimmo Palladino nel 2016 crea il nuovo logo del teatro e negli anni seguenti un artista è invitato a creare l’opera che illustri la Stagione alle porte: quella in corso per esempio, intitolata Prospettive inedite, è accompagnata da un’ardita visione di edifici emblematici del Novecento milanese realizzata da Marco Petrus. Il foyer poi, durante i mesi di attività del teatro, si trasforma in una galleria con mostre di opere d’arte e di fotografia. Scorrendo infine i programmi delle passate Stagioni ci si imbatte in spettacoli quali Rosso di John Logank, incentrato sulla biografia di Mark Rothkok, o Palma Bucarelli e l’altra resistenza che rievoca come la giovane direttrice della Galleria d’Arte Moderna di Roma abbia salvato il patrimonio artistico del museo dalla furia della II Guerra Mondiale.
Il palcoscenico della Sala Fassbinder, sull’onda di questa vocazione del Teatro, è trasformato per l’occasione dalla scenografa Martina Conti in una sala espositiva grazie alla presenza di creazioni ispirate alle correnti artistiche della prima metà del Novecento, accompagnate da targhette descrittive come in un vero museo, e il pubblico è invitato ad andarle ad ammirare prima che inizi lo spettacolo. Autentiche opere d’arte sono pure i costumi e gli scultorei gioielli ideati da Elena Rossi per la marchesa.
Il mutare di luce e musica, da toni sofisticati ed eterei alla modalità disco, ammantando lo spazio di un’aura irreale, segna il passaggio da una scena all’altra, predisponendo il pubblico in sala agli sviluppi della narrazione.
Marco Lorenzi conferisce brio alla rappresentazione enfatizzando i personaggi, non tanto con l’intento di trasformarli in caricature quanto per avvicinarli a certe figure eccentriche che gravitano nel mondo dell’arte, colpevoli di promuovere più sé stesse che il proprio lavoro. Yuri D’Agostino e Barbara Mazzi sono bravi in ciò, dando vita a due artisti decisamente estremi eppur verosimili. L’assistente impersonato da Angelo Tronca, con quel suo assecondare la marchesa e, al contempo, manipolandola, è un personaggio che, pur senza le acrobazie di rito, strizza vistosamente l’occhio ad Arlecchino con le sue astruse macchinazioni e alla Commedia dell’Arte.
La collezionista si configura così come una pièce teatrale confezionata con cura e ottimamente recitata ma, ancor più, come approccio critico al collezionismo, all’arte contemporanea e al contesto in cui si è sviluppata.
Il pubblico in sala tributa un applauso entusiastico agli attori in scena e sicuramente avrà innumerevoli spunti di riflessione su cui indugiare nei giorni a seguire. Da non perdere.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Elfo Puccini – Sala Fassbinder
c.so Buenos Aires 33 – Milano
fino a domenica 2 febbraio 2025
www.elfo.orgLa collezionista
di Magdalena Barile
regia Marco Lorenzi
con Ida Marinelli
e con Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Angelo Tronca
scene Marina Conti
luci Giulia Pastore
costumi Elena Rossi
suono Gianfranco Turco
assistente alla regia Giorgia Bolognani
produzione Teatro dell’Elfo, A.M.A. Factory
foto proiettate sulla scena: Guido Harari e Armin Linke (dall’archivio del Teatro dell’Elfo)
durata 1 ora e 15 minuti
prima nazionale