Le storie senza tempo di Disney

La mostra al MUDEC di Milano consente di fare un tuffo nel magico mondo dei film Disney per scoprire come nascano storie e personaggi capaci di conquistare il sorriso di bambini di ogni età.

Il solo suono della parola Disney ha il potere di far spalancare menti e cuori di grandi e piccini a un mondo di pura fantasia, popolato da personaggi che segnano momenti felici e, nel loro piccolo, aiutano a crescere sicuri di sé.
The Walt Disney Company – questa l’attuale denominazione della società – nasce in California nel 1923 da un’idea di Walt Disney e del fratello Roy. Da quegli studi, in quasi un secolo di attività, sono usciti autentici capolavori di animazione che, per livello qualitativo e per innovazioni tecniche, dettano gli standard cui la concorrenza deve allinearsi. Le trame, all’opposto, sono mutuate dalla tradizione per quanto ammantate di magia e di un pizzico di comicità per renderle accattivanti e conquistare un pubblico che finisce per immedesimarsi nei protagonisti e nelle traversie che devono affrontare per giungere al sospirato lieto fine.
Al MUDEC – Museo delle Culture di Milano è in corso la mostra Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo a cura della Walt Disney Animation Research Library con la collaborazione scientifica del giornalista Federico Fiecconi: è un’opportunità imperdibile per scoprire come nascano e si sviluppino i film tanto amati, dall’idea iniziale all’opera montata in cui si combinano immagini, suoni ed effetti speciali; dai primi cortometraggi di Topolino in bianco e nero a Frozen II – Il segreto di Arendelle, un lungometraggio realizzato interamente in digitale. Di ciascuna pellicola sono esposti i materiali più interessanti, dagli schizzi di studio in bianco e nero alla versione definitiva a colori, dai fondali su cui si muovono gli acetati con i personaggi agli storyboard minuziosamente illustrati a dare l’idea, come in un racconto a fumetti, del viaggio dell’eroe, dei suoi incontri e delle sue esperienze, proponendo già la sequenza delle inquadrature che meglio valorizzino ciascun passaggio. Al termine di ogni sezione un video mette a confronto alcuni dei disegni esposti con il relativo fotogramma nel film, permettendo di cogliere ora la perfetta aderenza tra le due fasi ora la grande distanza tra l’idea iniziale e il risultato finale. Ogni volta che Disney valuta il soggetto per un nuovo film, gli artisti consultati sono infatti liberi di esplorare le molteplici strade per sviluppare la storia e i personaggi al fine di individuare la soluzione più congeniale a catturare l’interesse dello spettatore e – fattore non trascurabile – all’animazione.
L’arte di raccontare storie senza tempo è inoltre occasione per scoprire le peculiarità degli artisti succedutisi negli studi Disney: si tratta dei migliori disegnatori della propria generazione, giunti da ogni parte del mondo, portando con sé ricordi del Paese natio che non mancano di riversare nelle opere loro affidate. Pensiamo per esempio all’ambientazione mitteleuropea di Pinocchio o all’ispirazione francese per il castello di Cenerentola.

Il percorso di visita attraversa le differenti tipologie in cui si possono classificare i racconti popolari tramandati nel corso dei secoli, prima in forma orale e poi scritta come, per esempio, accade con i Miti. Protagonisti dei miti sono divinità o esseri sovrumani, coinvolti in eventi straordinari altrimenti inspiegabili: l’animazione ben si presta a dar vita sullo schermo a siffatte creature fantastiche – cavalli alati, unicorni, centauri, fauni – dai poteri eccezionali. I miti sono alla base di molte Silly Simphony, una serie di cortometraggi animati utilizzati da Walt Disney nei primi anni di attività per sperimentare nuovi processi, tecniche e personaggi tra cui, per esempio, Paperino. In The Gloden touch (1935), la rivisitazione in chiave comica delle vicende di Re Mida, l’elfo Goldie può invece essere considerato un anticipatore del Grillo Parlante mentre in The Goddess of Spring (1934) gli uccellini che cingono il capo di Persefone di corone di fiori ricompaiono un paio di anni dopo in Biancaneve.
Tra i lungometraggi in mostra sono citati Hercules (1997), incentrato sulle fatiche del semidio più forte di tutta l’antichità, e l’episodio Sinfonia Pastorale di Fantasia (1940), ambientato nel corso di una festa campestre cui partecipano divinità dell’Olimpo e animali fantastici ad alludere alla perfetta armonia tra uomo e natura. Assistendo a quest’ultimo è impossibile resistere alla disarmante tenerezza di Jacchus, l’asinello di Bacco, ideato da James Bodrero, artista figlio di un militare italiano emigrato nel dopoguerra negli USA, ispirandosi al somarello siciliano che tiene nel giardino di casa per far giocare i figli.

La seconda sezione è dedicata alle Favole, racconti con protagonisti animali od oggetti che parlano e agiscono come esseri umani al fine di enfatizzarne vizi e debolezze. Walt Disney si dimostra un eccellente erede di Esopo proponendo storie dalla trama semplice ma accattivante, corredate da morale finale, rese graficamente ancor più convincenti da uno studio dettagliato del comportamento e delle movenze degli animali di turno.
La carrellata si apre su I tre porcellini (1933), una delle sette Silly Simphony insignite del premio Oscar al miglior cortometraggio d’animazione. In un simile contesto non possono mancare Topolino – cui Walt Disney in persona presta la voce –, per l’occasione in versione L’eroico ammazzasette, e il rissoso Paperino alle prese con la propria coscienza in Paperino e il diavolo (entrambi i corti risalgono al 1938).
È del 1940 Pinocchio, la pellicola cui probabilmente si deve il contribuito maggiore nel rendere il romanzo di Carlo Collodi il testo italiano più tradotto al mondo. Al burattino di legno che vuol diventare un bambino vero è assegnata una sala a sé stante a rimarcare quanto Walt Disney amasse questo eroe che ostinatamente rincorre la propria umanità in un mondo pieno di insidie e pericoli.

È quindi la volta delle Leggende, capaci di mescolare realtà storica e invenzione, raccontando le gesta di personaggi effettivamente esistiti o le origini di un luogo facendo ricorso a presenze mitologiche e gesta eclatanti. I curatori propongono in mostra la rielaborazione cinematografica di due celeberrimi eroi britannici medievali: re Artù e l’infallibile arciere della foresta di Sherwood, protagonisti rispettivamente di La spada nella roccia (1963) e Robin Hood (1973). Il primo, pur mantenendo l’emozione dei film in costume, con cavalieri in armatura che si sfidano in singolar tenzone per conquistare il trono vacante, trabocca di comicità e magia: come dimenticare i maldestri incantesimi di Semola o il duello tra Merlino e maga Magò in cui si trasformano l’un l’altro in animali di ogni tipo. Il secondo rievoca le gesta di un furbo volpacchiotto che con il fido amico orso e tutta l’allegra banda degli animali della foresta ruba ai ricchi per redistribuire ai poveri: gli schizzi per lo storyboard tracciati da Ken Anderson con la stilografica contengono in embrione tutto il brio di un film che si sviluppa tra colpi di scena e astuti travestimenti affinché Robin abbia la meglio sull’avido Principe Giovanni, Sir Biss e il crudele Sceriffo di Nottingham.

Le bambine tuttavia non vedono l’ora di giungere all’ultima sezione, quella delle Fiabe o, come dicono loro, delle principesse: Biancaneve (1937), la prima a fare capolino sul grande schermo; Aurora (1959) ispirata alla filiforme figura di Audrey Hepburn; Ariel (1989), sviluppata alla fine degli anni Trenta e poi accantonata a favore di altri progetti; le sorelle Elsa e Anna (2013 e 2019); Cenerentola (1950) immortalata nel momento della creazione dello sfarzoso abito da ballo. È straordinario vedere le tante soluzioni proposte dai disegnatori prima di giungere al ritratto finale dell’eroina di turno che, per quanto di nobili origini, non si sottrae a un duro percorso verso la consapevolezza del proprio valore e la felicità, dimostrando coraggio e un briciolo di emancipazione. Al loro fianco nani, fate madrine, granchi saccenti e topini pasticcioni sviluppati dalla squadra Disney per vivacizzare il racconto. Ai principi generalmente è riservato il gran finale dove – finalmente – comprendono la situazione e si rendono utili.
In questa sezione è forse più evidente rispetto alle precedenti la pari cura profusa dagli artisti di punta della Disney nello sviluppo minuzioso tanto dell’eroina di turno quanto della sua antagonista, sovente attingendo per la fisionomia delle streghe malvage – analogamente a quanto accade per le principesse – alle dive di Hollywood in voga nel periodo.

La scritta “…e vissero per sempre felici e contenti” lascia chiaramente intendere che il percorso di visita è giunto alla fine ma non è raro vedere visitatori che si guardano intorno smarriti, come avessero perso di vista un accompagnatore. Come noi anche loro sono dispiaciuti di non aver potuto incontrare il proprio personaggio del cuore, per quanto ci si renda conto che per presentare tutti gli abitanti del mondo Disney forse l’intero MUDEC non basterebbe: è davvero immane lo sforzo compiuto dai curatori per decidere chi portare a Milano.
A quanti al termine della mostra non fossero ancora sazi di storie fantastiche si consiglia di visitare la collezione permanente del MUDEC che, tra l’altro, è a ingresso gratuito.

Silvana Costa

  

La mostra continua a:
MUDEC – Museo delle Culture

via Tortona 56 – Milano
fino a domenica 13 febbraio 2022
orari: lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì, domenica 9.30 – 19.30
giovedì, sabato 9.30 – 22.30
la biglietteria chiude un’ora prima
www.mudec.it
 
Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo
a cura di Walt Disney Animation Research Library
con la collaborazione scientifica di Federico Fiecconi
progetto di allestimento Madestudio s.r.l
una mostra 24 ORE Cultura

Catalogo:
Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo

a cura di Walt Disney Animation Research Library
consulenza scientifica di Federico Fiecconi
24 ORE Cultura
23 x 31 cm, 244 pagine, 100 illustrazioni, cartonato
prezzo 34,00 Euro
www.24orecultura.com

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