Macbeth. Sonata da camera

Il regista Omar Nedjari propone una versione intimista della tragedia scozzese, sviluppata attraverso il concitato dialogo tra Macbeth e la moglie.

Cimentarsi con le opere del Bardo di Stratford-upon-Avon è tappa obbligata per quanti fanno teatro. Omar Nedjari sceglie di allontanarsi dalla tradizione e farlo a modo proprio: l’attore, regista e drammaturgo che anni fa aveva già conquistato il pubblico con la pièce comica Shakespeare a pezzi ora sfida la sorte e dirige Macbeth. Sonata da camera senza uscirne del tutto immune: questa versione della tragedia scozzese ha debuttato venerdì 13 maggio ad AltaLuceTeatro dopo svariati rinvii dovuti alle disposizioni sanitarie per contenere la diffusione del Covid-19.
Il sottotitolo dello spettacolo lascia immaginare come l’adattamento del testo secentesco proposto da Antonio Rosti abbia un tono raccolto e intimo, come le esecuzioni di musica da camera, concepite per un pubblico ristretto. Macbeth. Sonata da camera è ambientato nelle stanze private di Macbeth e della moglie, sviluppando la storia esclusivamente attraverso il confronto tra i due.
La soluzione che da un lato può sembrare spogli l’originale di parte degli eventi – citandoli trasversalmente quando necessari alla pianificazione della scalata al potere – dall’altro estrapola e fa vivere di esistenza propria i momenti più memorabili di Macbeth. Analogamente, anche gli altri personaggi della storia sono ridotti a figure evocate, a spiriti che appaiono ai soli protagonisti del dramma. Rosti infine, per quanto la scena sia trasposta ai giorni nostri, con il generale di re Duncan che scrive alla moglie SMS invece che servirsi di penna e calamaio, non rinuncia a un linguaggio dal sapore antico per sottolineare l’utilizzo dei dialoghi tratti dall’opera shakespeariana.
Il regista Omar Nedjari conduce Angelo Donato Colombo e Chiara Salvucci in un viaggio che ne valorizza le doti interpretative, attraverso la ricca gamma di espressioni dell’animo umano che, partendo da una qual sorta di idillio iniziale, quasi con naturalezza, si conclude in un folle bagno di sangue. Una brama di potere accecante che, come un rullo compressore, schiaccia chiunque  trovi sul proprio cammino, si tratti di re Duncan, di donne, di bambini o dei loro servitori non fa differenza.
Lady Macbeth è l’ideatrice del piano, la persona che nell’ombra della camera da letto istruisce il marito su quanto vada fatto, incapace di manifestare timore o pietà, forte del fatto che all’epoca sia usanza accrescere il proprio potere per tali vie. Chiara Salvucci è magistrale nel declinare la perversa crudeltà della nobildonna attraverso la vasta gamma delle astuzie femminili.
Angelo Donato Colombo da canto suo è un Macbeth che nell’entrare in camera si spoglia di gran parte del valore sfoggiato sul campo di battaglia e mette a nudo la propria componente umana. Senza armatura la sua mente è in balia di un caos emotivo: l’euforia per l’avverarsi delle prime premonizioni delle streghe, il timore della morte, l’entusiasmo per i progetti della moglie e i fantasmi delle persone uccise. Un caos come quello che regna intorno a lui, nella stanza invasa da abiti tra cui frugare forsennatamente come alla ricerca del senno perduto o, quantomeno, del coraggio di contrapporsi con convinzione alla risoluta consorte.
Macbeth ha un bel sagomare la montagna di vestiti a dar forma a un trono ma alla fine egli resta comunque seduto su un cumulo di abiti usati a rimarcare la desolante inutilità di tutte le azioni compiute o di progetto. Egli, nonostante le brame da re di Scozia, non è altri che un relitto umano, il signore della discarica su cui a fine spettacolo cala la benna per rimuoverne le spoglie mortali insieme agli stracci, nell’indifferenza del mondo.
Interessante una volta ancora la scenografia ideata da Chiara Salvucci per lo spettacolo mentre in sottofondo l’unz unz unz della musica martellante da discoteca anni Novanta guida i movimenti di Macbeth facendolo ciondolare come una marionetta appesa ai fili. Una musica che richiama alla mente, con le sue connotazioni negative, l’edonismo di fine millennio. L’età in cui tutto pare concesso prima del brusco risveglio dovuto alla crisi del 2007.
La prova convince e conquista: si loda da secoli la capacità di Shakespeare di indagare l’animo umano restituendo ritratti sempre attuali. Sta al regista di turno trascendere la storia e permettere all’essenza dell’opera di raggiungere il pubblico. Macbeth. Sonata da camera centra l’obiettivo di mettere a nudo la contemporaneità e le sue ambizioni.

Silvana Costa

Lo spettacolo continua:
AltaLuceTeatro

Alzaia Naviglio Grande 190 – Milano
fino al 15 maggio 2022
www.altaluceteatro.com

Macbeth
Sonata da camera
tratto da William Shakespeare
adattamento Antonio Rosti
regia Omar Nedjari
con Angelo Donato Colombo, Chiara Salvucci
scene e grafica Chiara Salvucci
produzione Compagnia Corrado d’Elia

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