Pantani annientato dai giganti

Il Teatro delle Albe arriva al Civico di La Spezia con Pantani, spettacolo sul grande campione del ciclismo e accorata richiesta di giustizia.

Esiste una branca del sapere che si occupa di come si articola correttamente un discorso. Non quella che ne studia le strutture, bensì quella che ne valuta e giudica la correttezza – la quale, a sua volta, riflette la correttezza di pensiero. Si chiama logica, strumento per la ricerca razionale della verità. Per la logica, un discorso che non sa, ma che azzarda comunque un’opinione, infondata e insicura, è scorretto e non ha ragione di essere espresso. Quello a cui siamo, al contrario, abituati è altro. Gridare slogan, parlare per frasi fatte. Diciamo solo poche cose alla volta, ma ripetute con sempre maggiore clamore ed enfasi – e queste poche cose non sono mai analizzate, approfondite, valutate.
Perché parlare di Pantani? Perché è stato vittima di un sistema informativo folle e perverso e di un universo sportivo che ha voluto liberarsi di un personaggio scomodo. In altre parole, l’uomo – e il ciclista – è stato oggetto di una logica perversa a livello mediatico, ma anche di lotte di potere e di “necessità altre”, quelle dei grandi giri di affari che interessano il mondo dello sport, in generale, e il Coni, in particolare. Questa è la tesi sostenuta nello spettacolo delle Albe. Come in una tragedia antica, un grande uomo ascende (letteralmente, in questo caso) le vette più alte per esserne, poi, catapultato di sotto – nell’infamia generale. Pantani personaggio, costruito a tavolino come fenomeno mediatico, e infine annientato senza alcun ritegno. Dietro all’immagine patinata e artificiale e al sogno televisivo, è stato distrutto un uomo e un campione – che era stato in grado di superare ostacoli che, per altri, sarebbero insormontabili. Distrutto dai giochi di potere e dalla crudeltà di una società che si compiace dei miti più o meno fittizi che crea, con i quali gioca e si trastulla e che liquida senza alcuna compassione. Una folla di fan incapace di vivere la propria mediocrità, che osanna i propri eroi fino a soffocarli e, allo stesso tempo, li addita per strada umiliandoli quando si senta “tradita”.
Lo spettacolo di Martinelli e Montanari è un’urgente richiesta di giustizia. Vi si sollevano interrogativi e dubbi su tutto quello che non quadra della vicenda: le accuse fondate su cause pretestuose, le indagini e le inchieste superficiali e frettolose. Vi si ricorda la velocità dei media nell’accusare e diffondere notizie clamorose senza accertamenti e approfondimenti, senza nessuna cautela, nonché il loro silenzio quando si è trattato di difendere chi si era accusato, per riabilitarlo o chiedere scusa. Si ricorda il silenzio (complice?, colpevole?) delle istituzioni sportive.
Tonina Pantani, oggi più che mai, chiede giustizia per suo figlio. A La Spezia, una veglia funebre onirica accoglie il pubblico e un giornalista (trasposizione scenica dell’autore del testo che ha ispirato lo spettacolo, Philippe Brunel) – accettato dalle vittime solo perché straniero e con ben altri peccati da scontare. Una strana veglia perché – al di là di alcune scelte prettamente teatrali, quali i cori epici, i canti a cappella, gli interventi in flashback, i personaggi surreali (come la siringa di Montecatini) – si snoda come ricordo, tributo, ma soprattutto inchiesta portata avanti con caparbietà. Misto di generi, come afferma lo stesso Martinelli, che spazia dal teatro alreportage, appunto, dal romanzo alla poesia. Si ripercorrono tutte le tappe della vita di Pantani, dall’infanzia fino alla morte nel residence di Rimini, dando la parola ad alcune tra le persone più importanti nell’esistenza del campione. Uno spettacolo appassionato, dove su una scena spoglia, l’interpretazione e le luci, essenziali e raffinate, offrono quadri belli ed eleganti. Il pathos è però lontano – e questo è certamente un elemento di merito visto l’argomento trattato. È, al contrario, il carattere ribelle e genuino di un ragazzo romagnolo con la passione per la bicicletta a essere raccontato. Simile a un artista, poco politico, Pantani sconterà la lontananza fisica da chi lo ama e la propria vulnerabilità nel momento in cui si confronta con un mondo sporco, ostile e marcio. Il messaggio arriva forte e chiaro al pubblico e alla fine si plaudono non solo agli attori ma anche l’uomo. Anche se – con frase trita – il nostro è il tributo di conniventi, manipolabili e docili: se Pantani è stato vittima di due sistemi (mediatico e sportivo), di questi sistemi noi siamo parte o complici, anche solo con il nostro silenzio. E un applauso non basta.

Mailè Orsi

 

Lo spettacolo è andato in scena nell’ambito di Fuori Luogo:
Teatro Civico
piazza Mentana, 1 – La Spezia
martedì 14 aprile, ore 21.00
 
Pantani
testo e regia Marco Martinelli
ideazione Marco Martinelli ed Ermanna Montanari
con Alessandro Argnani, Francesco Catacchio, Luigi Dadina, Fagio, Roberto Magnani, Michela Marangoni, Ermanna Montanari, Francesco Mormino, Laura Redaelli
in video Pino Roncucci
incursione scenica Francesco Catacchio, Fagio 
itinerari in Romagna Luigi Dadina 
fisarmonica e composizione musiche Simone Zanchini 
cantate romagnole Michela Marangoni e Laura Redaelli 
ideazione spazio scenico Alessandro Panzavolta-Orthographe 
ideazione e realizzazione elementi di scena Fabio Ceroni, Enrico Isola, Danilo Maniscalco ed Ermanna Montanari
montaggio ed elaborazione video Alessandro e Francesco Tedde – Black Box Film
costumi Teatro delle Albe
realizzazione costumi Laura Graziani Alta Moda, A.N.G.E.L.O. e Les Jolies Sposi
direzione tecnica Enrico Isola
tecnico luci e video Francesco Catacchio
tecnico suono Fagio
diapositive Olycom/Publifoto, Olycom/Daniele Venturelli, Olycom/Arnaldo Magnani e Lauro Bordin
maestro di canto Matteo Unich
foto di scena Claire Pasquier
www.teatrodellealbe.com

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