Pierre Le-Tan incontra qualche collezionista

Pierre Le-Tan accompagna il racconto di originali quanto insolite collezioni con le sue celebri illustrazioni a dimostrazione di come, in molti casi, la realtà riesca a superare l’immaginazione. Il libro Qualche collezionista, pubblicato da Johan & Levi, restituisce un delizioso spaccato del mondo e delle passioni dell’artista morto nel 2019.

Qualche collezionista di Pierre Le-Tan, il volume che da alcune settimane arricchisce il catalogo della casa editrice Johan & Levi, è la divertente descrizione di collezioni, talvolta decisamente bizzarre, ammirate dall’autore nel corso della propria vita. I testi, ça va sans dire, sono accompagnati da numerose illustrazioni a riprova di come, più spesso di quanto di possa credere, la realtà riesca a superare l’immaginazione.
Johan & Levi con la pubblicazione di questa graziosa edizione di Qualche collezionista rende un encomiabile tributo a uno straordinario artista di cui il 17 settembre cade il quinto anniversario della morte. Si tratta dell’edizione italiana di Quelques collectionneurs, pubblicato in Francia da Flammarion nel 2013 e tradotto per l’occasione da Rossella Rizzo cercando di mantenere la narrazione lieve dell’originale, intercalata da attimi di autentico stupore, e la dolcezza con cui si indulge nei ricordi.
Il libro si apre con un omaggio di Le-Tan al padre Lê Phô, un pittore di origini vietnamite, celebre in Cina che, dopo lungo viaggiare per il mondo, elegge Parigi a propria residenza definitiva. Lê Phô non solo insegna al figlio a disegnare ma, oltre a farlo appassionare all’arte come si scopre leggendo, gli trasmette una sensibilità estetica che affonda le radici nella cultura dell’est asiatico. È invece un amico americano della madre che invia i disegni di Pierre Le-Tan al New Yorker ottenendo così di fargli realizzare a soli 17 anni la prima di una lunga serie di copertine della rivista. Lo stile delle sue illustrazioni è immediatamente riconoscibile grazie alla sottile linea nera che perimetra le figure, poi rese tridimensionali da un meticoloso tratteggio e infine impreziosite da colori scelti con occhio eccezionale, e al tono leggero ma ironico con cui cattura la realtà. In oltre cinquant’anni di carriera Pierre Le-Tan collabora con moltissime testate tra cui Vogue, The Atlantic, Madame Figaro, Fortune e Harper’s Bazaar, pubblica libri, idea manifesti e molto altro senza mai porre limiti alle invenzioni della propria penna.
Meno nota al grande pubblico – per quanto nei ritratti appaia sempre circondato da una miriade di oggetti – è la sua passione per il collezionismo, sviluppata sin dalla giovane età come rievoca in più occasioni nel corso di Qualche collezionista e a cui dedica interamente uno dei capitoli finali. Sarebbe forse più corretto parlare di collezioni, al plurale, composte con cura e poi dissolte, ora per necessità, ora perché – come capita a tutti nel corso della vita – mutano gli interessi. Collezionare per l’autore non è infatti un mero investimento finanziario, come talvolta accade, quanto un piacevole assecondare le proprie inclinazioni: “Ho posseduto, si può dire, migliaia di oggetti. Sebbene oggi per la maggior parte siano soltanto dei ricordi, continuo a cercare, trovare, acquistare. L’acquisto, per qualche misterioso motivo, è l’atto più importante, pari a quello del giocatore che lancia un dado. L’idea della speculazione non mi ha mai sfiorato, né quella della “decorazione”. Collezionare è per me, al tempo stesso, indispensabile e perfettamente inutile” (pag. 81).
Protagoniste del libro sono collezioni curiose e originali – ma non necessariamente preziose se non per chi le crea – in cui Pierre Le-Tan si imbatte nel corso della propria vita, talvolta casualmente, altre per ammirarvi pezzi in precedenza di sua proprietà. Mancano indubbiamente i ritratti di collezionisti dai nomi ben più altisonanti – che probabilmente non avrà mancato di visitare – ma, conscio di ciò, ci tiene a chiarire la propria scelta: “Mi si rimprovererà sicuramente di non avere parlato di loro e di molti altri, ma mi sono accontentato di ritrovare solo qualche collezionista, piuttosto sconosciuto, negli scomparti ancora accessibili della mia memoria. Alcuni ci hanno lasciato e le loro raccolte, in genere, sono andate disperse. Questo modesto volume lascerà almeno una traccia di quella che fu per loro una ragione di vita” (pag. 113).
Curioso di tutto ma in particolar modo delle persone, da piccolo resta affascinato dalle ombre lasciate sui muri dai dipinti della principessa di Brioni, venduti un pezzo dopo l’altro: “La visita a questa collezione scomparsa fu per me una lezione. Le cose che più desideriamo, e poi acquistiamo, finiscono sempre per scivolarci dalle mani” (pag. 16). Inquietante la collezione di Filippo G. di “calchi in cera del volto di criminali morti con i loro stessi capelli innestati. Erano di un realismo impressionante” (pag.70) e un po’ surreale quella di pezzi di carta accartocciati composta da Pedro Duytveld, un uomo conosciuto casualmente durante un viaggio in treno. L’autore racconta per esempio anche del superbo gusto di Peter Hinwood, il Rocky della versione cinematografica di The Rocky Horror Picture Show; delle centinaia di ninnoli in vetro di Murano accumulati negli anni da Pierre R., l’uomo dalla sciarpa rossa cliente fisso dell’Hotel Drouot; di Edouard M. con cui passa nottate al computer alla ricerca di nuovi oggetti per la sua eterogenea rassegna di oggetti al contempo curiosi e preziosi; di Rolande-Louise, proprietaria di un negozio colmo di meraviglie che non le riesce di vendere poiché non vuole separarsene; di Eric Marc-Albouin per cui “ciascun oggetto aveva una presenza tale da non rendergli necessario nient’altro, e soprattutto nessun altro. Calata la sera, si sedeva sul comodo divano capitonné con un bicchiere in mano e scrutava ogni opera, perfettamente illuminata. Doveva provare quella gioia effimera, forse assurda ma certo grande, che deriva dalla sensazione di essere circondati dagli oggetti che si scelgono e che si amano” (pag. 33). È proprio questo piacere di circondarsi di oggetti per passione e non per calcolo che lega tutti i protagonisti di Qualche collezionista, a iniziare da Pierre Le-Tan che in ciascuno di essi ritrova molto di sé: è infatti la comunanza di sentire che lo porta a far loro visita.
Il libro, di ritratto in ritratto, scorre via veloce e piacevole per merito di una prosa lieve e della capacità dell’autore di rendere complice il lettore del senso di stupore suscitato da ogni nuova scoperta dell’ospite ma pure di sé.

Silvana Costa

Pierre Le-Tan
Qualche collezionista
traduzione di Rossella Rizzo
Johan & Levi, 2024
15 x 21 cm, 120 pagine, 68 immagini a colori
prezzo 18,00 Euro
www.johanandlevi.com

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