Psychedelic Macbeth

psychedelic_macbeth_1Una trasposizione moderna del celeberrimo dramma in cui l’edonismo dei protagonisti si combina con l’essenzialità della narrazione. Un equilibrio di fattori esaltato dagli attori e da un sapiente apparato scenico.

Il viaggio di Teatro del Simposio alla scoperta della psiche umana si arricchisce di una nuova tappa: Psychedelic Macbeth. Per la riscrittura in chiave minimalista del dramma shakespeariano Antonello Antinolfi e Francesco Leschiera, il nucleo storico degli autori, dopo il successo registrato con Il ring dell’inferno, si avvale ancora una volta del contributo di Giulia Pes e il risultato è assolutamente coinvolgente. Il testo originale secentesco viene asciugato all’essenziale affinché possa essere portato in scena da un cast di soli quattro attori. La messinscena sorprende anche i più scettici e conquista i puristi: nessuna scena chiave è tagliata; nessun elemento della storia è omesso; le parole scritte quattro secoli fa da William Shakespeare risuonano in tutta la loro potenza.
Qui, molto più che in altri allestimenti, il processo di elaborazione drammaturgica è evidente: si è operato per sottrazione, eliminando i personaggi secondari con una spietatezza pari a quella manifestata da lady Macbeth. In questo modo l’attenzione del pubblico si concentra obbligatoriamente sulle nefaste gesta della coppia di protagonisti e la narrazione ne giova in fluidità. Quanto non direttamente rappresentato tuttavia non viene omesso ma raccontato indirettamente sia con l’esplicita descrizione degli eventi sia tramite fugaci accenni agli eventi. L’escamotage delle allusioni sortisce l’effetto di obbligare quanti conoscono la storia a frugare nella memoria per ricostruire la vicenda nel dettaglio e, al contempo, offre a chi si avvicina a tale capolavoro per la prima volta tutti gli elementi per comprenderne la complessità delle vicende.
Psychedelic Macbeth proietta Macbeth (Jacopo Monaldi Pagliari) con la sua affascinante compagna (Sonia Burgarello) e Banquo (Alessandro Macchi) in una discoteca animata dalla presenza di Andrea Magnelli, Dj e barman che, sostituendosi alle tre sorelle streghe, con tono ipnotico, predice ai tre protagonisti quale sorte li attenda. L’inarrestabile brama di potere, lo sfacciato edonismo, la discomusic e le luci ipnotiche – e la nostalgia di quando si poteva ancora fumare nei locali pubblici – risvegliano in molti dei presenti i ricordi legati all’era del crollo della Prima Repubblica. I testi delle opere di Shakespeare hanno infatti il pregio di raccontare storie di cui, al di là dei riferimenti storici originari, restano impressi i grandi temi esistenziali – amore, odio, razzismo, avidità – declinabili in ogni epoca e a ogni latitudine; valori universali che ciascuno coglie in base al proprio bagaglio personale. Il trio Antinolfi, Pes e Leschiera sceglie allora di rievocare un passato ancora troppo recente per smettere di far paura ma forse abbastanza remoto da indurre gli italiani ad abbassare la guardia dinnanzi a certi giochi di potere.
Gli anni che chiudono il XX secolo sembrano essere un periodo particolarmente caro agli autori di Teatro del Simposio: è quella l’ambientazione storica di La bi(g)sbetica domata, riuscito adattamento di un altro testo shakespeariano; è il 1987 l’anno con cui Antinolfi confronta la Milano attuale ne La città degli specchi. Sono anni di – apparente, come i fatti riveleranno nei decenni seguenti – benessere economico, di trasformazioni sociali, di bruciante creatività e di grandi aspirazioni. La scenografia ricrea le atmosfere dell’epoca e gioca con elaborazioni grafiche che strizzano l’occhio ai primi video musicali trasmessi dalla televisione negli anni Ottanta.
Lì, nel semibuio della discoteca, tra fumo, luci psichedeliche, voci distorte ad arte dal microfono e cocktail stregati, la realtà si dissolve progressivamente e con essa ogni scrupolo, lasciando campo libero al delirio. Ogni esitazione morale dei coniugi Macbeth decade man mano che il ritmo della musica si fa più incalzante, i folli piani per conquistare la corona sembrano d’un tratto realizzabili, la follia si impadronisce delle loro menti e li fa sprofondare in attimi di puro delirio. Lì, con la sigaretta tra le dita, le orbite degli occhi che roteano senza meta e la voce roca, lady Macbeth, in apparente stato di trance, grida al mondo frustrazioni e rancori, paure e progetti. Intanto Banquo balla sereno, ignaro di quanto si stia tramando alle sue spalle.
Analogamente, come i lampi di luce che attraversano l’oscurità della pista da ballo, quando la nebbia nella sala si dissolve, attimi di lucidità si fanno strada nella mente della nobildonna ormai divenuta regina, si acquisisce consapevolezza del male commesso, nell’animo si aprono squarci sempre più vasti rendendo così impossibile sopire il rimorso. Le morti si consumano in rapida successione, vittime e carnefici soccombono sotto la scure del destino mentre la musica – e con lei la vita – prosegue imperterrita.
Oggi, come all’alba del XVII secolo, la società assiste imperterrita ai giochi di potere e con cinismo esclama “Il re è morto, viva il re!” Nell’attuale involuzione sociale i cittadini partecipi sono progressivamente rimpiazzati da un pubblico che osserva i fatti con distacco, attraverso lo schermo dello smartphone, leggendo le recensioni online, soffermandosi dinnanzi ai cadaveri ancora caldi giusto il tempo per scattare un selfie da pubblicare sui social e nulla più: nessun rimpianto, nessun moto di rivolta, nessuna preghiera. La stessa morte di lady Macbeth, andata in scena dietro uno schermo solleva l’atroce dubbio che si tratti di una recita a uso e consumo del pubblico, dell’ennesima macchinazione della donna per riscuotere consensi e collezionare nuovi alleati.
Noi abbiamo osservato Psychedelic Macbeth con l’inquietudine di chi si guarda allo specchio e vede un’immagine che non gli piace. Proprio per questo applaudiamo il lavoro degli autori, dello staff tecnico che ha contribuito all’efficace messinscena, di Francesco Leschiera che ha diretto lo spettacolo con ritmo sincopato sino al tragico epilogo, spingendo al massimo le potenzialità drammatiche degli interpreti. Sonia Burgarello offre infatti un altro straordinario ritratto femminile, dimostrando una rara capacità a spaziare attraverso i generi sia del teatro classico sia del contemporaneo. Alessandro Macchi, colonna portante di Teatro del Simposio, restituisce un ritratto di Banquo estremamente articolato in cui candore e consapevolezza, lealtà e circospezione sono abilmente celati agli occhi dei crudeli ospiti. Gelido e mefistofelico Andrea Magnelli plagia e prevarica la debolezza di Jacopo Monaldi Pagliari, valente condottiero abbandonato al suo destino.

Silvana Costa

a-02-psychedelic_macbeth_72dpi

Lo spettacolo continua:
Teatro Spazio Avirex Tertulliano
via Tertulliano 68 – Milano
fino a domenica  7 maggio 2017
orari spettacoli: da mercoledì a sabato ore 21.00
domenica 30 aprile ore 16.30
domenica 7 maggio ore 20.30
n.b. giovedì 4 maggio non è prevista replica
www.spaziotertulliano.it

Psychedelic Macbeth
da Macbeth di William Shakespeare
elaborazione drammaturgica  Antonello Antinolfi, Giulia Pes, Francesco Leschiera
regia Francesco Leschiera
con  Sonia Burgarello, Alessandro Macchi, Andrea Magnelli, Jacopo Monaldi Pagliari
scene e costumi Paola Ghiano, Francesco Leschiera
luci Luca Lombardi
assistente alla regia Giulia Pes
grafica Valter Minelli
scenografie digitali Dora VisualArt
produzione Teatro del Simposio
prima nazionale
http://teatrodelsimposio.wix.com/teatrodelsimposio

Questa voce è stata pubblicata in Milano, prosa&danza, Spazio Tertulliano e contrassegnata con , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.