Troiane

La lettura in chiave contemporanea della tragedia di Euripide proposta dal Centro Teatrale Bresciano ribadisce l’assoluta contemporaneità di temi quali la devastazione prodotta dalla guerra, l’angoscia nell’abbandono della terra natia, la perdita della libertà e lo straziante vuoto lasciato nell’animo dalla morte delle persone amate.

Al Teatro Franco Parenti di Milano è in scena sino a domenica 13 febbraio Troiane di Euripide, proposto nell’adattamento di Angela Demattè – che ne cura anche la traduzione – di cui si era già ammirato il certosino lavoro di cucitura di testi classici e contemporanei per Ifigenia, liberata, portato a termine insieme a Carmelo Rifici per la co-produzione LAC di Lugano – Piccolo di Milano.
Il regista Andrea Chiodi per questa messinscena delle Troiane prodotta dal Centro Teatrale Bresciano può contare su un eccezionale gruppo di attori che in curriculum vantano numerosi cimenti con eroi ed eroine delle tragedie greche ma pure – temporalmente più vicini a noi – con i protagonisti dei drammi shakespeariani. Un cast importante e rodato, con cui in più occasioni in passato ha allestito opere teatrali, formato da Elisabetta Pozzi – Ecuba, Graziano Piazza – Taltibio, Federica Fracassi – Cassandra, Francesca Porrini – Andromaca, Alessia Spinelli – Elena.
La trama è tristemente nota. Euripide racconta il destino che attende la regina Ecuba, la figlia Cassandra e la nuora Andromaca, vedova di Ettore, alla caduta di Troia. È il messaggero Taltibio che spiega loro come i comandanti dell’esercito nemico ne abbiano deciso la sorte: la loro vita è risparmiata ma, alla stregua dei tesori saccheggiati dalla città in fiamme, verranno separate e assegnate ai vari re achei.
Lo spettacolo si sviluppa attraverso una sequenza di monologhi, strazianti nei contenuti e straordinari nell’interpretazione, cuciti tra loro da Ecuba che, nel nuovo ruolo di capofamiglia, si sente in dovere di dispensare consigli e spegnere quei lampi d’ira che potrebbero arrecare loro ulteriori soprusi e violenze. A turno, le superstiti della famiglia reale di Ilio, ancora sconvolte dall’attacco a sorpresa degli achei usciti nottetempo dal cavallo di legno e avventatisi in ogni casa e in ogni palazzo, seminando morte e distruzione, piangono la perdita dei loro cari e invocano la vendetta degli dei.
A poco tuttavia serve discutere come Ecuba ed Elena – che per tutto lo spettacolo se ne sta in disparte, navigando su Internet, e intervenendo nel finale, rivelandosi in tutto il suo splendore mefistofelico – su chi sia l’effettivo responsabile del disastro. La rabbia di queste donne, non disposte a una mesta sottomissione ai voleri del nemico – come caldeggia Taltibio che, sebbene fedele ad Agamennone, soccombe al dolore presente nella stanza – è fomentata da un coro tutto al femminile, presente in forma di video, accompagnato dai sottotitoli in italiano e in greco a comprova del rispetto di Angela Demattè verso l’originale, tanto nei contenuti quanto nella forma.
Lo scenografo Matteo Patrucco e la costumista Ilaria Ariemme danno vita a un contesto atemporale a sottolineare la costante attualità delle logiche che muovono le azioni delle Troiane. Il colore guida è il grigio che spegne e intristisce anche gli azzurri e i rosa, gli arredi sono ridotti all’essenziale e gli abiti disadorni: Cassandra veste come una suora laica mentre la tunica di Andromaca si ispira alle divise da carcerato.
Tutto contribuisce a sottolineare l’amaro fatto che queste donne, per quanto di nobili origini, ora non siano altro che comuni prigionieri di guerra, confinate in una prigione provvisoria in attesa di raggiungere il luogo definitivo dove scontare la condanna a vita. Una condanna dovuta non a fatti commessi direttamente ma semplicemente per l’appartenenza allo schieramento sconfitto in una guerra scatenata per vendicare l’onore ferito di Menelao e il rapimento di un’altra donna, una di loro: Elena.
Una sorte ingiusta, avversa e meschina che le accomuna ai milioni di profughi che ogni anno sono costretti ad abbandonare le proprie case, a fuggire con il poco che riescono a trasportare con sé – qualche abito, un po’ di cibo e soldi o preziosi da barattare con un lasciapassare che consentirà di aver salva la vita – in cerca di un futuro migliore, per ritrovarsi poi ammassati in campi profughi o in centri di accoglienza per richiedenti asilo che, a dispetto della definizione di “strutture d’emergenza”, si trasformano in realtà permanenti.
Orgoglio, umiliazione, lutto, desiderio di vendetta sono sentimenti che il pubblico conosce – ci si augura con intensità inferiore alle troiane – e segue con trasporto ed immedesimazione.
Fa piacere scorgere nel teatro, gremito in ogni ordine di posti come ai tempi pre-Covid, tantissimi giovani che hanno modo di scoprire la grande vitalità delle tragedie greche di cui stanno studiando a scuola, restando affascinati da queste storie senza tempo cui hanno sfacciatamente attinto, con opportuni rimaneggiamenti, autori di tutti i secoli a seguire.

Silvana Costa

Lo spettacolo continua:
Teatro Franco Parenti – Sala Grande
via Pier Lombardo, 14 – Milano
fino a domenica 13 febbraio 2022
con obbligo di Green Pass Rafforzato
www.teatrofrancoparenti.it

Troiane
da Euripide

adattamento e traduzione Angela Demattè
regia Andrea Chiodi
con Elisabetta Pozzi
e con Graziano Piazza, Federica Fracassi, Francesca Porrini, Alessia Spinelli
scene Matteo Patrucco
costumi Ilaria Ariemme
luci Cesare Agoni
musiche Daniele D’Angelo
produzione Centro Teatrale Bresciano
durata 1h40 minuti

Questa voce è stata pubblicata in Milano, prosa&danza, Teatro Franco Parenti e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.