La nuova biografia di Aby Warburg scritta da Hans C. Hönes si presenta non come l’ennesimo contributo a mitizzare la figura dell’autore dell’Atlante Mnemosyne quanto la ricostruzione dell’intrico di studi e relazioni che lo hanno condotto a elaborare una storia visuale dell’arte.
Aby Moritz Warburg, nato ad Amburgo il 13 giugno 1866 da una famiglia di ricchi banchieri ebrei, è consegnato alla storia per aver rivoluzionato l’approccio alle opere d’arte, non limitandosi alla componente estetica ma considerandole manifestazione del contesto storico, sociale e culturale in cui vengono realizzate. Hans C. Hönes analogamente ne traccia la biografia come la concatenazione di una serie di circostanze e incontri in Un groviglio di sentieri. Vita di Aby Warburg, pubblicato anche in Italia da Johan & Levi con la traduzione di Mariella Milan.
Aby Warburg rinuncia ai privilegi della primogenitura in cambio dei mezzi che gli consentano di coltivare ai massimi livelli l’interesse per la storia dell’arte, di frequentare le più prestigiose università dell’epoca, di compiere lunghi periodi di studio all’estero e di alimentare la propria biblioteca che, al termine della I Guerra Mondiale, quando spalanca le porte al pubblico divenendo un importante centro di formazione ad Amburgo, conta già oltre 20.000 volumi. Hönes descrive per esempio i viaggi negli Stati Uniti di Warburg alla scoperta della cultura dei nativi e i lunghi soggiorni fiorentini, spiegando come in riva all’Arno incontri Mary Hertz, un’artista dedita a pittura e scultura, sorella di un compagno di studi, che sposa nel 1897, e trovi ispirazione per il tema della tesi di dottorato. La tesi rientra tra l’esigua parte degli scritti portati a compimento nonostante la ferma convinzione – condivisa dai famigliari – di essere destinato a scrivere un volume esaustivo, di un contributo fondamentale al mondo accademico in cui riassumere e spiegare un gran numero di fatti storici e culturali. Un’aspettativa di grandezza che si scontra violentemente con paranoie, manie di persecuzione e nessuna disponibilità al confronto con colleghi di idee opposte – unite a un’effettiva assenza di necessità di lavorare – che lo inducono a non farsi avanti per ruoli accademici.
Un atteggiamento enfatizzato dalla lunga battaglia con la malattia mentale combattuta nella maturità, con numerosi soggiorni in istituti psichiatrici per un totale di quasi sei anni. Ritorna a casa dopo l’ultimo ricovero nel 1924 seriamente provato fisicamente e, consapevole di avere ancora poco tempo a disposizione per raggiungere l’ambizioso obiettivo prepostosi, vorrebbe finalmente pubblicare i tanti testi inediti accumulati in archivio.
Tanti testi, forse troppi, e nessuno di questi apparentemente destinato a conferirgli gloria imperitura.
Warburg escogita quindi un approccio diverso alla questione, operando un imponente lavoro di sintesi del proprio lavoro e ideando una cornice entro porre una serie di approfondimenti su alcuni dei motivi iconografici espressivi che riappaiono in vari contesti ed epoche nel corso della storia dell’umanità. Nasce così l’ambiziosa opera cui deve la propria fama: l’Atlante Mnemosyne. Il titolo è un chiaro riferimento a Mnemosyne, la dea della memoria e madre delle nove muse custodi della cultura e delle arti.
Warburg sovverte così la consuetudine di classificare le opere per epoca e stile e propone invece un’antropologia dell’arte che ne prende in esame l’aspetto visivo come parte integrante della psicologia umana. Scrive Hans C. Hönes: “cominciò a sistemare fotografie su grandi pannelli per elaborare una storia visuale, basata sulle immagini, della ricezione dei motivi classici. Ogni pannello documentava un motivo che testimoniava la sopravvivenza dell’antico nell’arte e nella cultura occidentali; insieme, formavano una sequenza che andava dall’antichità babilonese alla contemporaneità” (pag. 211). Un flusso immateriale lega il tutto, per esempio “un motivo proveniente da un sarcofago antico può riapparire nell’arte fiamminga o in una pubblicità contemporanea senza che l’artista in questione abbia necessariamente visto l’”originale”” (pag. 217).
Warburg nei diversi pannelli tematici propone esempi a lui noti, opere oggetto di studi precedenti che pone in dialogo con brani dei testi elaborati in precedenza. L’Atlante Mnemosyne lo impegna fino alla fine dei suoi giorni, nel 1929, in una continua rielaborazione delle associazioni proposte, spostando i materiali da un pannello all’altro a creare nuove connessioni cercando l’equilibrio ottimale in vista della pubblicazione. Pubblicazione una volta ancora disattesa: quando sopraggiunge la morte non è andato oltre la stesura dell’introduzione.
Un groviglio di sentieri “si propone, come giustificazione per una nuova biografia di Warburg, proprio l’obiettivo di guardare oltre il mito, tracciandone al vita con la coerenza che ne consegue” (pag. 15) dichiara l’autore in apertura del libro e mantiene fede alla promessa. Hans C. Hönes è uno studioso specializzato nell’arte e del XVIII e del XIX secolo con alle spalle ruoli di docente e di ricercatore per il Warburg Institute e lo University College a Londra ma nonostante ciò riesce ad andare al di là del debito intellettuale nei confronti di Warburg e non soggiacere al suo mito. Egli scrive una biografia bilanciata, dedicando per sensibilità poco spazio ai ricoveri in clinica, ma dettagliando in egual misura le diverse fasi del lavoro di Warburg, portato avanti dagli anni universitari alla morte. Una scelta questa che, come denuncia il titolo, consente a Hönes di mettere il luce come l’Atlante Mnemosyne non sia frutto di una fortunata intuizione ma di un complesso percorso di ricerca condotto sulle orme di storici dall’arte illuminati, grazie a scambi fruttuosi con colleghi e a studi sul campo, spaziando dai dipinti di Botticelli ai riti degli indiani Hopi d’America. Libero dalle costrizioni cui un incarico universitario lo avrebbe costretto, Warburg negli anni si affascina a molteplici soggetti, poi oggetto di scritti lasciati incompiuti per dedicarsi a più affascinanti temi tangenziali, venuti alla luce nel corso degli approfondimenti di rito. Un volo pindarico di cui Hönes documenta con cura il tracciato per evidenziare, solamente nei capitoli finali, come ciascuna tappa acquisti senso grazie all’Atlante.
Quello di Hans C. Hönes si configura quindi più come un elogio dei frutti che la libertà di assecondare la propria curiosità reca con sé che l’ennesima mitizzazione della figura di Aby Warburg: la biografia anzi restituisce a livello umano lo sgradevole ritratto di un ricco borghese viziato, arrogante e colonialista.Tra le pieghe del testo si apprende pure del faticoso cammino della storia dell’arte per imporsi quale disciplina a sé stante e della tenacia con cui ne è stata difesa l’indipendenza.
La lettura di Un groviglio di sentieri. Vita di Aby Warburg scorre lieve a coinvolgere un pubblico molto più ampio dei soli addetti ai lavori e apre interessanti finestre sulla vita e sul clima culturale a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Silvana Costa
Hans C. Hönes
Un groviglio di sentieri
Vita di Aby Warburg
traduzione di Mariella Milan
Johan & Levi, 2024
15,5 x 23 cm, 296 pagine, 50 immagini b/n
prezzo 40,00 Euro
www.johanandlevi.com