Tommaso Ragno è regista e interprete della trasposizione teatrale di un racconto di Franz Kafka incentrato sul processo di umanizzazione di una scimmia catturata in Africa. Una narrazione toccante intesa a far riflettere su cosa significhi essere umani e a quanto si debba rinunciare per diventarlo.
È un relatore d’eccezione quello interpretato da Tommaso Ragno in Una relazione per un’Accademia, in replica fino a domenica 1 dicembre al Teatro Franco Parenti di Milano. Tommaso Ragno, coperto da folti peli neri e con le orecchie pronunciate, è infatti Pietro il Rosso, una scimmia catturata alcuni anni prima in Costa d’Oro e costretta, per guadagnare una parvenza di libertà, a umanizzarsi. Le fasi in cui si articola questo processo di trasformazione obbligata sono descritte con dovizia di particolari dallo stesso Pietro a un gruppo di accademici pur non specificando mai di quale genere di studi essi si occupino.
Pietro entra in scena con grande flemma per quanto gli serva poi aiuto per salire sul podio a causa di una ferita riportata al momento della sua cattura cui è seguito un lungo viaggio via mare sino all’Europa. Chiuso nella gabbia, per non impazzire, Pietro si distrae osservando i comportamenti dei marinai e scopre di poterli imitare con grande facilità: questa su abilità fa sì che all’arrivo non venga rinchiuso in uno zoo ma lo si destini a spettacoli di intrattenimento. Ripercorrendo quei giorni Pietro sottolinea come imparare a vivere e a parlare come gli umani sia stato un percorso difficile e faticoso, compiuto anche con l’ausilio di numerosi insegnanti. Pietro conclude la relazione proclamandosi soddisfatto del percorso compiuto e, ora che è un’attrazione ricca e famosa, confida di avere grandi aspettative per la vita da umano che gli si prospetta dinnanzi. Nell’arco di oltre un’ora di dissertazione nulla invece emerge del suo passato di scimmia libera in Africa: i ricordi di Pietro il Rosso cominciano con la cattura, quando gli uomini gli impongono un nome.
Kafka scrive Una relazione per un’Accademia pochi mesi dopo La metamorfosi (1915), proponendo per Pietro un percorso inverso rispetto a quello compiuto da Gregor Samsa che, oppresso da una vita grigia e monotona, una mattina al risveglio si ritrova trasformato in un enorme insetto. Sono due lati di una stessa medaglia in cui l’autore si interroga sul valore della condizione umana e Tommaso Ragno è bravo a lasciar trasparire, dietro la soddisfazione espressa da Pietro e i ringraziamenti profusi agli uditori, la forte condanna a una società che obbliga gli individui a conformarsi a modelli standardizzati annientandone gli impulsi – e, in questo caso, pure i ricordi – inumani. Pietro ringrazia ma avendo dimenticato ciò rispetto cui pensa di essersi evoluto ha perso una parte di sé da cui non può più trarre insegnamento o anche solo semplicemente paragoni con la sua vita attuale.
Il pubblico applaude Tommaso Ragno per molti minuti consecutivi riconoscendogli il merito di un’interpretazione eccelsa in cui lascia intendere che la trasformazione di Pietro non sarà mai completa. La scimmia per quanto si sforzi di agire e apparire un umano non sarà mai un umano a tutti gli effetti ma – a guisa di un attore – ne starà solo interpretando la parte. Ragno è magistrale nel lasciar trasparire che dietro il parlare controllato e i movimenti lenti di Pietro non c’è solamente il fastidio dovuto alla vecchia ferita ma pure la repressione costante della postura e degli atteggiamenti tipici della sua specie, della sua natura. Ragno denuncia così la repressione di sé attuata da Pietro per conformarsi alla società e, al di là delle parole pronunciate, lascia intendere come anche questa scimmia vada inserita nella mesta rassegna di personaggi in balia di conflitti interiori, angosce ed emarginazione che caratterizzano la (in)felice produzione letteraria di Kafka.
Il pubblico in sala di rimando ha un moto di solidarietà verso l’animale e – ne siamo certi – di repulsione verso i propri simili. Kafka pubblica per la prima volta Una relazione per un’Accademia nel 1917 e quasi un secolo dopo in California muore Koko (19 giugno 2018), la gorilla nata allo zoo di San Francisco nel 1971 e cresciuta in cattività, che nel corso della propria vita si dice abbia imparato a riconoscere oltre 2000 parole di inglese parlato ma pure a comunicare con gli umani attraverso il linguaggio dei segni. Cercare il contatto tra le specie è potenzialmente indice di civiltà e di interesse per il diverso: la discriminante tra bene e male è tuttavia costituita dalle motivazioni e dalle modalità alla base del gesto. La privazione della libertà è sempre e comunque una premessa esecrabile.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Franco Parenti – Sala Blu
via Pier Lombardo, 14 – Milano
fino a domenica 1 dicembre 2024
www.teatrofrancoparenti.itUna relazione per un’Accademia
di Franz Kafka
interpretato e diretto da Tommaso Ragno
scenografie Katia Titolo
aiuto regia Maria Castelletto
disegno luci Giuseppe Amatulli
produzione Argot Produzioni
in collaborazione con Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito Teatro
durata 1 ora e 15 minuti