Vivian Maier

Vivian Maier 12Allo spazio espositivo Forma Meravigli è in corso la prima mostra milanese mai dedicata a Vivian Maier, la protagonista del più straordinario, inaspettato e insperato ritrovamento che la storia della fotografia annoveri.

È il 2007 quando John Maloof, figlio di un rigattiere e grande appassionato di fotografia, acquista all’asta un primo lotto di scatoloni, pignorati ad un’anziana signora in arretrato con il pagamento dell’affitto. All’interno, tra i mille ricordi di una vita, fanno capolino numerosi negativi che Maloof scansisce per poter osservare con maggior attenzione le immagini; se gli esperti cui chiede consulenza lo liquidano sbrigativamente, quanti hanno modo di vedere le fotografie pubblicate su Flickr sono entusiasti. Il giovane decide di rintracciare ed acquistare il resto del materiale andato all’asta, ritrovandosi alla fine a possedere oltre centomila rullini; parallelamente cerca di ricostruire le vicende dell’autrice con la speranza di poterla incontrare.
Negativo dopo negativo il mosaico di un’intera esistenza si ricompone e restituisce la fotografia di una tata dall’aria severa ma capace di farsi amare dai bambini che cresce; di una donna curiosa e consapevole, con una precisa idea del mondo che traspare – senza remore – da ogni suo scatto. L’intervallo delle fotografie in mostra a Milano copre un ventennio, dagli anni Sessanta ai primi anni Ottanta: negli Stati Uniti – forse più che in Europa – è un’era di grandi trasformazioni sociali che Vivian Maier documenta attraverso i cambiamenti apportati alle abitudini di vita della gente comune.
Anne Morin e Alessandra Mauro, le due curatrici, hanno scelto per l’esposizione centoventi fotografie tra le migliaia dell’archivio di John Maloof e le presentano raggruppandole per assonanze visive, senza ordine cronologico. Come fossimo per strada insieme a Vivian Maier, il nostro sguardo si sposta associando tra loro le gambe di una donna e due alberi che crescono vicini; il panorama che si ammira dai tetti di New York e quello che ci si offre a livello della strada; un ragazzo che sfama i piccioni e una donna armena che discute animatamente con un poliziotto. Saltiamo così di immagine in immagine, attraversando i grandi filoni tematici che ricorrono nella produzione della fotografa: le strade di Chicago e New York, il mondo dell’infanzia, i ritratti e gli autoritratti – che forse rappresentano la parte più affascinante della sua opera.
Vivian Maier usa la macchina fotografica come una sorta di registratore della propria quotidianità, un diario per immagini compilato per far sì che la memoria si soffermi su un particolare istante e l’atto acquisti senso. Come un diario anche le fotografie vengono custodite gelosamente dalla loro autrice, una donna molto riservata che si trova più a suo agio con i bambini che con gli adulti. Tuttavia è necessario guardare queste immagini per quello che sono, col loro peso storico-artistico, separandole nettamente dal clamore suscitato dal loro ritrovamento e dalle vicende personali di Vivian Maier. Quello che sin da subito risulta evidente visitando Vivian Maier. Una fotografa ritrovata è che siamo davanti a un notevole esempio di Street photography americana. Nella storia e nella coscienza degli Stati Uniti la strada è intesa come punto di incontro tra persone di diverso ceto ed etnia; la strada è il palcoscenico dove si scrive la storia, sia quella con la S maiuscola sia quella dell’uomo comune. È dunque la strada il luogo migliore da cui osservare le piccole grandi vicende quotidiane e Vivian Maier si aggira attenta a quanto le accade intorno, avendo tuttavia l’accortezza di tenere la giusta distanza dal soggetto prescelto per non essere troppo implicata emotivamente. In mostra è possibile assistere alla proiezione di una serie di film superotto, registrati dalla stessa Maier, che svelano il modo in cui individuasse il soggetto per uno scatto e gli si avvicinasse progressivamente. Quando Vivian Maier si cimenta nei ritratti riesce a restituire tra le pieghe delle sfumature del bianco e nero il proprio giudizio morale sul soggetto prescelto. Riserva uno sguardo benevolo, compassionevole – a tratti dolce – alle persone del suo stesso ceto e a quanti vivono ai margini della società; si pone aggressiva e severa con gli esponenti delle classi ricche. È un’ottima fotografa, con l’occhio allenato tipico di chi ha grande consapevolezza di ciò che fa, istruito sin dalla giovane età quando, bambina, va a vivere con la madre presso Jeanne Bertrand, una reporter professionista amica di famiglia.
Come una tata scrupolosa osserva i bambini giocare al parco così Vivian Maier scruta severa le persone che si aggirano per le sale della galleria Forma Meravigli: sono molti gli autoritratti presenti in mostra e la immortalano nelle situazioni più improbabili. Sfrutta la propria immagine riflessa nel grande specchio convesso utilizzato dal proprietario della libreria per verificare che non lo derubassero o nelle vetrine dei negozi; ha sempre lo sguardo accigliato e, a tratti, un po’ triste. Guardando le fotografie scattate da Vivian Maier alla propria ombra regrediamo all’infanzia ripensando alla scena del primo incontro tra Mary Poppins e l’amico Bert. Dietro l’angolo si palesa davanti ai nostri occhi una fotografia datata 1955 in cui lei sorride alla sua immagine riflessa nello specchio trasportato da un facchino. Anne Morin, profonda conoscitrice del lavoro di Vivian Maier, afferma che questo sia l’unico ritratto in cui gli angoli della bocca della fotografa si alzino per un sorriso. Gli autoritratti di Vivian Maier – un po’ come i selfie che intasano i social media oggigiorno – sono lo strumento che le consente di definire il rapporto con il contesto in cui agisce, di misurare lo spazio attorno a lei e di riuscire a contestualizzarsi all’interno della società. La macchina fotografica è uno strumento di osservazione della realtà ma non un paravento dietro cui nascondersi per questo, come possiamo notare dai tanti autoritratti in mostra: Vivian Maier utilizza infatti una Rolleiflex a pozzetto che la obbliga a guardare nel mirino dall’alto, senza celarle il volto come una maschera.
Silvana Costa

Vivian Maier 1

La mostra continua:
Forma Meravigli
via Meravigli 5 – Milano
fino a domenica 31 gennaio 2016
orario: tutti i giorni 11 – 20; giovedì 12  –  23
www.formafoto.it

Vivian Maier
Una fotografa ritrovata

a cura di Anne Morin e Alessandra Mauro
realizzata in collaborazione con diChroma Photography
iniziativa di Fondazione Forma per la Fotografia
www.vivianmaier.com

Catalogo:
Vivian Maier. Una fotografa ritrovata 
testo di Marvin Heiferman
a cura di Howard Greenberg
prefazione di Laura Lippman
Contrasto, 2015
22×27 cm; 285 pagine; 240 fotografie in b/n e a colori; cartonato
prezzo 39,00 Euro
www.contrastobooks.com

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