War is over!

war is over 02Fa tappa a Milano, arricchita da nuove sezioni, la mostra che racconta i giorni della Liberazione attraverso gli sguardi contrapposti – tecnicamente e culturalmente – dei fotografi italiani e delle forze speciali statunitensi.

Alla galleria Forma Meravigli approda una mostra sulla Seconda Guerra Mondiale sui generis: War is over! L’Italia della Liberazione nelle immagini dei U.S. Signal Corps e dell’Istituto Luce, 1943-1946. I curatori, Gabriele D’Autilia ed Enrico Menduni, si sono spesi per raccontare non tanto le drammatiche vicende storiche in sé per sé ma le differenti prospettive colte ora dall’obiettivo dei vincitori ora da quello dei vinti. Le fotografie a colori realizzate dai Signal Corps dell’esercito statunitense e quelle in bianco e nero custodite dagli archivi dell’Istituto Luce non sono la testimonianza di un differente approccio tecnico quanto la prova del profondo divario esistente tra due popolazioni lontane geograficamente e culturalmente.
I suggestivi scatti a colori sembrano, il più delle volte, il frutto di un attento lavoro di composizione quasi che, oltre a descrivere la guerra, vogliano predisporre un substrato emotivo per quello che sarà l’immaginario del dopoguerra: l’americanizzazione dell’Europa ovvero l‘avvento della cultura del consumo e dell’intrattenimento. Al contrario, le immagini in bianco e nero – spesso più in nero che in bianco – sono la testimonianza di un regime che sta finalmente crollando e della ritrovata libertà di narrazione dopo un ventennio di censura.
Preceduta dalle parole di apprezzamento per il debutto romano a Palazzo Braschi – dal 25 settembre 2015 al 10 gennaio 2016 – la mostra, in occasione della tappa milanese, è stata ampiamente rimaneggiata, integrandola con nuovi materiali che raccontassero come la Liberazione sia stata vissuta in territorio meneghino. Scorrono così, davanti ai nostri occhi, le immagini della mietitura in pazza Duomo (giugno 1943) frutto delle campagne autarchiche del Duce; la pioggia di documenti dalle finestre di Palazzo di Giustizia che ricopre la strada di una spessa coltre cartacea (26 luglio 1943); Sandro Pertini alla festa del 1 maggio 1945 all’Arco della Pace e l’emozionante reportage di Franco Rizzi. Nell’agosto del 1943, subito dopo i violenti bombardamenti su Milano, Rizzi, eludendo il divieto di scattare fotografie, si cela all’interno di un camioncino e percorre le vie del centro storico per documentare con la sua Leica i danni alla città ma, ancor più, il febbrile lavorio per ristabilire lo status quo. Durante la presentazione della mostra alla stampa, Enrico Menduni sottolinea infatti come “siamo in presenza di un rito ambrosiano della fotografia. Ci siamo resi conto che era proprio diversa la materia: l’atteggiamento nei confronti delle cose. Meno melodrammatico, più fattivo. C’è una foto di bombardamenti – in verità ne abbiamo tante di foto di bombardamenti in mostra – ma questa è diversa: le case sono state riparate, le strade sono state spazzate, i negozi hanno riaperto, la gente va in bicicletta. Tentativi di vita normale. C’è una sobrietà dell’immagine che la rende ancora più drammatica”.
Dallo sterminato archivio dell’Istituto Luce affiorano scatti di propaganda tra cui il Duce che visita i feriti; soldati che rivestono le spoglie pareti della trincea con le fotografie delle dive del momento o che avanzano nel deserto con tenute mimetiche da pecora; cantanti infiocchettate che si esibiscono per celebrare il “cameratismo italo-tedesco”; Roma occupata con gli automezzi della Wehrmacht parcheggiati a piazza Venezia (4 gennaio 1944) e donne che, imperterrite, stendono il bucato sul lungomare della Versilia tra pile di proiettili. I curatori hanno tra l’altro avuto cura di segnalare le fotografie su cui all’epoca si abbatté, implacabile, la scure della censura di regime.
Ai volti seri di bambini che si avvicinano incuriositi ai reporter italiani fanno da contraltare i sorrisi smaglianti dei soldati americani: uomini e donne belli, radiosi ed eleganti come divi di Hollywood. Marlene Dietrich che tiene uno spettacolo per i soldati americani feriti in un ospedale militare sul fronte italiano (maggio 1944); le affascinanti soldatesse ritratte ora al porto con i pescatori ora a dorso di mulo accerchiate da contadine di un villaggio dell’Appennino in abito tradizionale; soldati e infermiere che trascorrono un pomeriggio a bordo piscina al Foro Mussolini (oggi Foro Italico) sono solo alcuni dei soggetti delle rare fotografie a colori scoperte da Gabriele D’Autilia ai National Archives di Washington, l’istituzione che rappresenta la memoria storica degli USA. Qui è infatti custodita anche la documentazione prodotta durante la Seconda Guerra Mondiale dagli U.S. Signal Corps, la sezione dell’esercito addetta ai servizi di comunicazione: dalle trasmissioni radio all’esecuzione di film e reportage fotografici. Quando gli alleati sbarcano in Nord Africa il servizio di produzione immagini degli U.S. Signal Corps non è ancora organizzato; è durante i due anni di dura e lunga risalita dello stivale – dal luglio 1943 all’aprile 1945 – che l’apparato prende forma e si struttura. Il processo di liberazione dell’Italia si rivela ben presto più complesso del previsto, durante i lunghi inverni sugli Appennini i soldati impreparati muoiono numerosi – forse più per il freddo che per le azioni dei tedeschi – e gli ufficiali scoprono il valore dei servizi fotografici, sia per fini tattici sia per informare quanti rimasti in patria delle difficoltà incontrate, ottenendo conforto. Sui campi di battaglia, di fianco agli U.S. Signal Corps, lavorano, accreditati presso l’esercito, anche gli inviati delle riviste più prestigiose dell’epoca  – uno su tutti ricordiamo Robert Capa in Europa per conto di Life – che catturano scatti dall’alto valore evocativo che a Washington non passano certamente inosservate. Nascono così le esortazioni impartite dal Governo ai militari in Europa a seguire i dettami del moderno fotogiornalismo, narrativo e aneddotico, utilizzando il colore per dar vita a immagini che possano far presa sia in patria sia tra i nemici. Figli del consumismo veniamo indubbiamente rapiti dalla spettacolarità delle scene – e degli scenari – ritratti oltre che dalla ricchezza dei colori ma, come sempre ribelli e polemici con i nostri genitori, le bolliamo come antesignane delle moderne campagne pubblicitarie e torniamo a perderci nella rassicurante crudezza del bianco e nero scelto dai nonni.
In parallelo, il regista Roland Sejko, forte della sua lunga collaborazione con Istituto Luce, attinge a piene mani ai filmati d’epoca per raccontarci con una strepitosa videoinstallazione la folla in delirio per le ultime due apparizioni pubbliche di Mussolini a Milano: il 16 dicembre 1944 al Teatro Lirico e il 29 aprile 1945 a piazzale Loreto. Nella sala adiacente si susseguono spezzoni dei combat film realizzati da cinque grandi registi hollywoodiani tra cui Frank Capra, John Houston e Billy Wilder.
La mostra è un’occasione preziosa per vedere documentazione iconografica rara ed inedita, organizzata con attenzione estrema dai curatori, e per conoscere il substrato culturale in cui affonda le radici la società contemporanea.

Silvana Costa

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La mostra continua:
Forma Meravigli
via Meravigli 5 – Milano
fino a domenica 10 aprile 2016
orario: mercoledì, venerdì, sabato e domenica 11.00 – 20.00; giovedì 12.00 – 23.00; lunedì e martedì chiuso
www.formafoto.it

War is over!
L’Italia della Liberazione nelle immagini dei U.S. Signal Corps e dell’Istituto Luce, 1943-1946
a cura di Gabriele D’Autilia ed Enrico Menduni
video di Roland Sejko

Catalogo:
War is over!
L’Italia della Liberazione nelle immagini dei U.S. Signal Corps e dell’Istituto Luce, 1943-1946
a cura di Gabriele D’Autilia ed Enrico Menduni
Contrasto, 2015
21×19 cm; 204 pagine; 133 fotografie a colori e in bianco e nero
prezzo: 24,90 Euro
www.contrastobooks.com

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