Big book of architecture

Giovanni Leoni cura per i tipi di 24Ore Cultura un compendio del pensiero e del lavoro di 20 architetti attivi tra gli esordi del movimento moderno e oggi.

24Ore Cultura, ad alcuni anni di distanza da Big book of design a cura di Andrea Branzi, pubblica Big book of architecture. 20 architetti dagli esordi del moderno a oggi. La curatela è questa volta affidata a Giovanni Leoni, già autore di numerose monografie sull’architettura del Cinquecento e del Novecento.
Il volume, se abbiamo interpretato correttamente gli intenti dell’autore enunciati nell’introduzione, sembra non essere concepito per addetti ai lavori ma, analogamente alla serie di monografie della collana Architettura. I protagonisti allegata a L’Espresso tra il 2006 e il 2012, per “una divulgazione pensata non fine a sé stessa ma come primo stimolo a una più profonda conoscenza” (pag. 4).
Impossibile raccogliere tutte le monografie in un unico volume: Leoni è stato obbligato a compiere una cernita, “una selezione orientata, anche se sgravata, per ovvie ragioni di spazio, da ogni responsabilità di esaustività o completezza” (pag. 4) come egli stesso, mettendo le mani avanti, ci tiene a specificare. Ecco allora che tra tutte le monografie Leoni seleziona quelle di 17 architetti, suddivise come segue in quattro gruppi: Maestri con Le Corbusier, Frank Lloyd Wright, Ludwig Mies van der Rohe e Alvar Aalto; Oltre i maestri con Louis Kahn, Kenzō Tange e Aldo Rossi; Professione colta con Norman Foster, Renzo Piano, Vittorio Gregotti, Tadao Andō e Rafael Moneo; Nati dopo la guerra composto da Rem Koolhaas, Zaha Hadid, Eduardo Souto de Moura, Kengo Kuma e David Chipperfield. Leoni arricchisce quindi la rassegna, ad arrivare al numero tondo di 20, inserendo Walter Gropius nel gruppo Maestri e Fernando Tavora e Josep Antoni Coderch in Oltre i maestri.
A questo punto, pur riconoscendogli l’assoluta libertà di scelta, si resta perplessi dinnanzi al salto da Fernando Tavora a Eduardo Souto de Moura escludendo Alvaro Siza o si lamenta l’assenza di Gae Aulenti, non tanto per un’oziosa questione di genere – in Big book of architecture peraltro rappresentato dalla sola Zaha Hadid –, ma per il raffinato contributo da lei portato alla disciplina con progetti realizzati in tutto il mondo, come ricorda tra l’altro la mostra in corso in Triennale a Milano .
I criteri che hanno indotto Giovanni Leoni, prima, a restringere la lista a questi architetti e, successivamente, a distribuirli nei quattro gruppi sono molto sinteticamente esposti nell’introduzione.
I materiali estratti dalle singole monografie vengono giustapposti tra loro all’interno del volume, aggiornandoli qualora si tratti di un architetto ancora in attività: come resistere dunque alla tentazione di prendere dalla libreria le monografie originarie, nella versione pubblicata da Motta Architettura e fare un confronto tra le due versioni?
Big book of architecture, immediatamente dopo l’introduzione del curatore, propone una galleria fotografica con i ritratti a tutta pagina dei 20 protagonisti, disposti nella sequenza poi rispettata nel corso di tutto il resto del volume e riportata in quarta di copertina. Seguono quindi, uno in fila all’altro, i testi introduttivi delle singole monografie, curate ciascuna da un differente autore che, per dovere di completezza di informazione, riportiamo in rigoroso ordine alfabetico: Matteo Agnoletto, Marco Casamonti, Ilaria Cattabriga, Germano Celant, Alessandra Coppa, Antonio Esposito, Gianluca Gelmini, Margherita Guccione, Antonio Pizza, Stefania Suma, Ines Tolic e Annalisa Trentin oltre allo stesso Leoni. Testi accompagnati da una prima serie di immagini di progetti.
È quindi la volta delle schede dei singoli progetti, quattro o cinque per ciascun architetto, articolate il più delle volte su due sole pagine e composte da un testo, disegni, fotografie, render o altre immagini utili a meglio comprendere l’edificio in questione. La sezione delle schede è a sua volta ripartita in quattro parti, tanti sono i gruppi in cui sono articolati i 20 architetti, dagli esordi del moderno a oggi, cinque per ciascun gruppo. Non esiste in apertura delle singole sezioni nessun testo di inquadramento storico-critico ma, in fondo, Big book of architecture non ha alcuna velleità di approfondimento. Testo di inquadramento che forse avrebbe dovuto spiegare almeno la scelta di stampigliare in lettere dorate in copertina “L’architettura è l’adattarsi delle forme a forze contrarie”, un abusato aforisma di John Ruskin. È prevista solamente una timeline a collocare i singoli progetti in rapporto con importanti avvenimenti nel mondo dell’architettura: CIAM, Biennali e altre mostre di settore, diffusione di documenti programmatici e altri eventi significativi a parere del curatore.
L’ultima sezione – intitolata nelle singole monografie Il pensiero – è Il racconto dei protagonisti e raccoglie estratti di interviste e scritti a delineare la filosofia con cui ciascun professionista si approccia al proprio lavoro.
Il volume, alla luce di quanto sino a qui descritto, è equiparabile a quelle raccolte pubblicate ciclicamente da molti giornalisti con una selezione di interviste o articoli apparsi in precedenza sulle riviste con cui collaborano. Volendo restare in tema di architettura e prendendo a esempio uno dei protagonisti di Big book of architecture potremmo citare le raccolte degli editoriali di Casabella pubblicate nel corso dei decenni da Vittorio Gregotti.
Il problema è tuttavia che, come dicono molti colleghi, “i libri di architettura non si leggono ma semplicemente si sfogliano per guardare fotografie e disegni tecnici” e Big book of architecture in tal senso si dimostra deludente, soprattutto quando confrontato con le monografie. Le immagini utilizzate per descrivere un progetto là sono in numero superiore ma questa forse non è la vera pecca. Un’intera sezione di ciascuna monografia è dedicata a I fotografi, ai grandi nomi della fotografia che nel tempo hanno immortalato i progetti – quelli descritti nelle schede ma pure altri – dei vari architetti. Tornando per esempio al lavoro di Vittorio Gregotti in Big book of architecture non c’è traccia alcuna delle fotografie scattate da Mimmo Jodice all’Università degli Studi della Calabria e al Centro Cultural de Belém o da Francesco Radino alle abitazioni di Cannaregio: al loro posto anonime immagini selezionate dai grandi archivi digitali internazionali. Nel caso di Gregotti questo pare l’ennesimo smacco a un protagonista della teoria e della pratica dell’architettura del secondo dopoguerra, un Maestro che ha tracciato le linee guida di una professione che è fondamentale si rapporti con il territorio, la sua storia, la sua cultura e la gente che lo abita. Un Maestro che, da un lato, attraverso le riviste che ha diretto, ha promosso il talento di fotografi oggi imprescindibili punto di rifermento per la disciplina e, dall’altro, ha selezionato precise immagini – quelle per intendersi pubblicate sulla monografia originaria – per rendere immediatamente intellegibile il proprio approccio progettuale. Alcune delle fotografie utilizzate in Big book of architecture sono davvero insignificanti, nel senso di prive di alcun valore narrativo.
A questo aggiungiamo la poca cura nella revisione dei testi, associando a più banali errori di battitura più preoccupanti errori nelle didascalie, in cui si presenta un progetto per un altro.
Il quesito a questo punto è duplice. A che mercato vuole rivolgersi questo volume visto il prezzo e considerando che ormai nelle sale d’attesa degli studi medici ci si limita a giocherellare con il proprio smartphone? Si lamenta la crisi dell’editoria ma è con simili prodotti pretenziosi che la si vuole rilanciare?
Ai lettori – e al mercato – l’ardua sentenza.

 Silvana Costa

Giovanni Leoni
Big book of architecture
24 ORE Cultura, 2023
23,5 x 31 cm, 384 pagine, cartonato
prezzo 70,00 Euro
www.24orecultura.com/libri/