Padiglione Italia alla Biennale di Venezia

Svelati titolo e contenuti del Padiglione Italia alla 14. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Vi spieghiamo cosa ci ha lascia tanto basiti quanto delusi per l’ennesima occasiona mancata di fare serio dibattito culturale.Lunedì 31 marzo, sia grazie alla conferenza stampa organizzata a Roma, sia con la messa in linea del sito ufficiale, abbiamo potuto apprendere come si paleserà il Padiglione Italia in occasione della 14. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Scorrendo comunicato stampa e immagini esplicative dell’idea del curatore, nonché progettista dell’allestimento, siamo rimasti sconcertati. Come un artista rinascimentale che dissemina la propria opera di elementi simbolici che alludano all’identità del nobile committente, allo stesso modo Cino Zucchi sembra rendere tributo agli sponsor reclutati per l’evento, dedicando all’Expo 2015 un’intera sezione del percorso espositivo.
Comprendiamo ed apprezziamo lo sforzo compiuto in soli quattro mesi da un progettista forse già troppo impegnato professionalmente tra cantieri, concorsi, docenza e conferenze – sicuramente ci stiamo dimenticando svariate ulteriori qualifiche –  ma ci domandiamo che senso abbia, da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, assegnare la curatela e l’allestimento del Padiglione, destinato a rappresentare il nostro Paese in occasione di un’importante manifestazione internazionale, a soli sei mesi (e qualche giorno) dall’inaugurazione della mostra. Possibile che sia burocraticamente impossibile conferire tale incarico con maggior anticipo visto che, in fondo, sappiamo che la Biennale di Architettura si svolge comunque ogni due anni? A questo punto, non sarebbe stato più interessante bandire un concorso tra i tanti giovani architetti che si dedicano alla ricerca in attesa dei tanto sospirati ricambio generazionale e ripresa economica?
Innesti/grafting è il titolo scelto dal curatore che chiosa: “Un innesto presuppone una ferita nell’organismo ospite, ma anche una profonda conoscenza della sua fisiologia”. Prendendo però per esempio il recente intervento Porta Nuova realizzato a Milano da Hines – che bizzarra coincidenza! Un altro sponsor del Padiglione Italia! – ci sembra che, dopo aver approfondito la coscienza del contesto, i progettisti coinvolti – ricordiamo, se ancora sfuggisse a qualcuno dei lettori, che l’architetto Zucchi fa parte della squadra – abbiano, in buona parte, deciso di ignorarlo. Con buona pace di Vittorio Gregotti che in Tre forme di architettura mancata, sarcasticamente constata: “La negazione della relazione architettonica con il terreno e la sua riduzione ad appoggio neutrale senza mediazione alcuna, corrisponde bene alla negazione di ogni relazione con la storia e la geografia. Si tratta di un principio che fonda l’idea dell’architettura come oggetto isolato e ingigantito a piacere, la cui relazione dimensionale e morfologica è quindi indipendente dal contesto e può, anzi deve, essere tanto stranito o ingrandito tanto da proporre l’estraneità o la grandezza quantitativa, l’enormità dell’oggetto come valori anziché come problemi” (Einaudi, 2010, pag. 43)
Scorrendo l’organizzazione di contenuti e spazi, apprendiamo come riflessioni generaliste sui caratteri peculiari dell’architettura moderna italiana dell’ultimo secolo e le sue radici in quella più antica si alternino ad esemplificazioni di come, in Italia, si sia intervenuti sul territorio, giungendo infine alla sezione Milano. Un Laboratorio Urbano in cui la metropoli lombarda è assurta a caso studio esemplare della nascita ed evoluzione del movimento moderno. La proposta dell’architetto milanese, per quanto teoricamente articolata e ricca di spunti, ci sembra tuttavia finisca per essere troppo territorialmente circoscritta e troppo eccezionale per poter affermare che fornisca un’immagine esaustiva dello stato dell’architettura in Italia. In un Paese formalmente unificato poco più di 150 anni fa, sussistono tutt’ora profonde differenze ideologiche che ci sembra impossibile riassumere in un paradigma univoco. Riteniamo inoltre, con grande disappunto, che il Padiglione venga trasformato nell’ennesima vetrina dei grandi progetti messi in cantiere per Expo 2015, cercando di riscuotere consensi per un’avventura che, stando ai dati recentemente snocciolati dai media, procede con imperdonabili ritardi e gran dissipazione di risorse pubbliche. Da milanesi (seppur in prestito) quali siamo, più si avvicina la data fatidica, meno riusciamo a cogliere i benefici in termini economici, ambientali e culturali che l’iniziativa e gli interventi ad essa collegati porteranno alla metropoli, temendo quasi il momento in cui calerà il sipario e ci metteranno le mani in tasca per saldare quanto non ripagato da investitori e visitatori. Non dubitiamo che gli scenari urbani immaginati da giovani studi di architettura in occasione della consultazione 2040 EXPOST. Tracciare futuri possibili offrano spunti di riflessione interessanti ma siamo scettici che ci saranno amministrazioni in grado di trovare risorse e consensi per attuarle.
Temiamo che la scelta di delegare lo sviluppo delle varie tematiche ad una ragnatela di comitati scientifici, nonostante la supervisione del curatore unico, possa portare solamente ad una frammentazione di concetti perdendo l’occasione di esprimere in un contesto internazionale una chiara posizione civile e professionale, di dire nulla che, anche accidentalmente, possa innescare un processo di riflessione, apprendimento, informazione od emancipazione collettiva.
Tornando al Padiglione Italia, ci soffermiamo quindi su quelle immagini esemplificative di casi di innesti esemplari che accompagnano il comunicato stampa e sull’uso della tonalità acida per evidenziare il gesto architettonico che si inserisce nel grigio del tessuto esistente. Così come nelle tavole delle varianti progettuali il giallo corrisponde non alle nuove costruzioni quanto alle demolizioni, in queste fotografie il colore evidenzia il presupposto potere di rompere schemi e convenzioni. Indubbiamente il linguaggio, anche in architettura, si evolve da sempre più per violente cesure piuttosto che per lievi e costanti incrementi. Però ben diversi sono il Palazzo Montecatini (Gio Ponti, Antonio Fornaroli, Milano 1936-1938) o i Grandi magazzini La Rinascente (Franco Albini, Franca Helg, Roma 1957-1961) da cui trasudano il desiderio di sperimentare soluzioni e materiali, rispetto agli sfrontati ammassi di vetro, pietra e cemento che sempre più numerosi sorgono identici e senz’anima nei centri storici come nelle frange più esterne dei grandi agglomerati urbani, ai Poli come all’Equatore, e che, ci auguriamo, non verranno portati in mostra come modelli di riferimento per le evoluzioni future.
Il Padiglione si completa con una videoinstallazione a cura di Studio Azzurro che prevede la proiezione in simultanea di filmati che, nella loro complessità, forniranno il quadro della “capacità degli ambienti umani di accoglierci e modificarsi quotidianamente attraverso piccole trasformazioni spontanee”.  Per raccogliere i materiali che confluiranno in questo videocollage è stata bandita una open call che troppo ricorda il populistico Italy in a day nato da un’idea di Ridley Scott e sviluppato dal premio Oscar Gabriele Salvatores per quanto concerne montaggio, scelta e regia.
Attendiamo dunque il 7 giugno per vedere l’esito finale di tutte queste idee, augurandoci che il pubblico vada oltre la spettacolarità dei due innesti  fisici nel contesto dell’Arsenale firmati dallo stesso Cino Zucchi: il grande portale arcuato dell’ingresso adiacente le Gaggiandre e la panca-scultura che si snoda tra gli alberi nel Giardino delle Vergini.

Silvana Costa

La mostra avrà luogo:
Padiglione Italia alla 14. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia
Tese delle Vergini all’Arsenale – Venezia
da sabato 7 giugno a domenica 23 novembre
orari 10.00 – 18.00; 10.00 – 20.00 venerdì e sabato fino al 27 settembre
chiuso il lunedì (escluso lunedì 9 giugno e lunedì 17 novembre)
dal 7 giugno al 27 settembre venerdì e sabato apertura prolungata della sede dell’Arsenale
fino alle ore 20.00, orario biglietterie 10.00 – 19.30
ultimo ingresso in sede di esposizione ore 17.45
ultimo ingresso il venerdì e il sabato fino al 27 settembre ore 19.45
www.labiennale.org/it/architettura/index.html

Innesti-Grafting
a cura di Cino Zucchi
coordinamento scientifico Nina Bassoli
progetto di allestimento CZA Cino Zucchi Architetti – Cino Zucchi, Omar de Ciuceis, Stefano Goffi, Diego Martinelli
progetto grafico Studio FM Milano
installazioni video Studio Azzurro
consulenza illuminotecnica Carlotta de Bevilacqua
catalogo della mostra Marsilio editori
www.innesti-grafting.it

Sezione Milano. Un Laboratorio Urbano
consulenza scientifica Federico Bucci con Elisa Boeri, Paola Nicolin, Francesco Rephisti
videoproiezione La struttura della città Studio Azzurro con Francesco Repishti
ricerca e progettazione modelli della sala La città che sale Onsite studio – Giancarlo Floridi, Angelo Lunati
fotografi Vincenzo Castella, Filippo Poli, Filippo Romano, Maurizio Montagna
con il contributo di Politecnico di Milano e Università IUAV di Venezia
Sezione EXPO 2015. Laboratorio del futuro
coordinamento Luisa Collina
consulenza per EXPO Milano 2015 Matteo Gatto, Paolo Verri
progetto di allestimento MoDus Architects – Matteo Scagnol, Sandy Attia
consulenza scientifica workshop (2030) EXPOST. Tracciare futuri possibili Paolo Galuzzi
proposte progettuali di Barozzi Veiga, Ma0, Openfabric, StudioErrante Architetture, Yellow Office

Sezione Ambienti Cut and Paste
coordinamento scientifico Emilia Giorgi
Sezione Paesaggi Abitati
progetto di allestimento dello spazio di sosta Matilde Cassani

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