Grattanuvole

La mostra ripercorre un secolo di grattacieli a Milano: dal Grattanuvole dell’ingegner Achille Manfredini (1910) ai progetti di Porta Nuova che disegnano il nuovo skyline di Milano; dalle mitografie futuriste dell’architetto Antonio Sant’Elia ai grattacieli di CityLife.

Abbiamo scelto un giorno di pioggia per andare a vistare Grattanuvole, la mostra dedicata ai grattacieli milanesi promossa da Fondazione Riccardo Catella e Politecnico di Milano – Scuola di Architettura e Società DAsTU (Dipartimento di Studi Urbani). La sopraelevata piazza Gae Aulenti, complice il brutto tempo, è desolatamente deserta e non possiamo che chiederci: dieci anni fa, quando Albertini – allora sindaco di Milano – paragonò l’area Bicocca a una spianata di Berlino Est molti applaudirono e ora come possono, quelle stesse persone, lodare questo grigio vuoto urbano sul quale incombono ancor più grigi edifici? Forse è la fontana a fare la differenza? Di sicuro il verde in zona è presente solo perché evocato dai nomi suggestivi di edifici quali Corte Verde o Bosco Verticale – dove la componente naturalistica pare più uno slogan che una realtà. Potenza del marketing. A parco – smantellati i cantieri – è destinata solo l’area circostante l’ex magazzino ferroviario, realizzato a fine Ottocento, che ora ospita anche la sede della Fondazione e, quindi, la mostra.
La mostra è organizzata su tre piani e sta al visitatore scegliere con quale criterio visitarli – non essendoci alcuna indicazione o persona che possa fornire suggerimenti, tranne il cartello con scritto quanto esposto ai differenti livelli. Abbandonati a noi stessi, optiamo per la scelta pedante di seguire il criterio cronologico e, perciò, ci dirigiamo al primo piano, dedicato agli edifici storici, dove l’allestimento occupa solo per metà l’ampia sala. Alessandra Coppa, la curatrice, nella carrellata che propone al pubblico, parte da lontano, dalle visioni utopiche delle Costruzioni per una Metropoli Moderna di Mario Chiattone, della Città Nuova di Antonio Sant’Elia  e dello studio per il Grattacielo per S.K.N.E. Group (1920) di Piero Portaluppi. A queste, accosta i disegni originali di edifici realizzati, tra cui i gemelli di piazza Piemonte (1923) di Mario Borgato – prime costruzioni a essere definite grattacieli – e quello che a lungo, a causa della Seconda guerra mondiale, rimase il primo e unico grattacielo milanese: la Torre Snia Viscosa in piazza San Babila (1937) di Alessandro Rimini. Una sezione celebra la figura di Arturo Danusso, docente di meccanica delle costruzioni al Politecnico, responsabile della progettazione strutturale di numerosi edifici del dopoguerra; un’altra analizza e contrappone il Grattacielo Pirelli – di cui sono esposte anche numerose prospettive di interni in cui si riconoscono i celebri mobili di Gio Ponti – alla Torre Velasca, ovvero la ricerca e la sperimentazione di forme ardite alla torre – il termine indica il riferimento a una chiara tipologia edilizia dall’aspetto massivo e pieno che affonda le radici nella tradizione e nella cultura storica locale.
Scendiamo quindi a livello dell’ingresso, dedicato a una visione a 360° della Milano attuale. Entrando nella sala, siamo accolti da un grosso plastico della porzione di città su cui insiste la trasformazione di Porta Nuova e su cui sono evidenziati anche altri recenti interventi – quali, su tutti, la Nuova Sede della Regione Lombardia. Sembra – ma non avremmo voglia di tornare a controllare se abbiamo ragione oppure no – lo stesso plastico posto in vetrina nell’ufficio vendite delle Residenze di Porta Nuova che si affaccia sulla piazza, il che ci fa assalire da un dubbio. Sulle pareti perimetrali possiamo ammirare le grandi foto panoramiche di Marco Garofalo che mostrano come gli edifici della tradizione costruttiva locale si specchino nei luccicanti curtain wall che rivestono i nuovi grattacieli. Una mappa ci mostra la localizzazione degli edifici alti in città mentre, poco più in là, sono appesi i disegni originali di Melchiorre Bega, Luigi Antonietti con Pier Antonio Papini, e Antonio Rognoni per la Torre Galfa (1956). Sulla parete di fronte, sotto Noción Transversal Grattacielli 014-1/2 – l’opera site-specific dalle imponenti dimensioni di 8×1,5 metri, realizzata dall’artista messicano Raymundo Sesma – una serie di monitor offrono la possibilità di udire il dotto parere sulla “Milano che sale” di direttori di riviste di architettura, critici, architetti, paesaggisti, discendenti degli autori dei progetti ammirati al piano superiore, storici e, guarda caso, Manfredi Catella – promotore dell’intervento di Porta Nuova – oltre ad alcuni progettisti. E il dubbio torna a ronzarci nella testa.
Scendiamo infine al piano interrato, dove sono esposte le schede tecniche di alcuni dei più recenti edifici alti milanesi, elogiandone la capacità di caratterizzare l’ambiente circostante conferendogli connotazioni urbane e lodandone i particolari accorgimenti tecnologici che consentono significativi risparmi energetici. Siamo sorpresi di trovare descritta la Torre Isozaki – realizzata nell’area della ex Fiera Campionaria da CityLife – ma è pur sempre vero che, seppur opera della concorrenza, nemmeno per gli investitori di Porta Nuova è più possibile ignorarla visto che, ormai, in via di ultimazione, è una realtà forte nello skyline del quadrante nord-ovest della città. Non siamo sorpresi, al contrario, di veder lodati i pregi naturalistici del Bosco Verticale, da poco inserito dall’International Highrise Award fra i grattacieli più belli e innovativi a scala mondiale. De gustibus non est disputandum. Poco oltre la curatrice presenta il cosiddetto abitare in alto, in edifici che paiono “sovrapposizioni di lussuose ville”, come una prerogativa solamente milanese e ci porta a esempio di questo stile di vita gli interni progettati dallo studio Caputo Partnership per la Torre Solea e le soluzioni delle Torri Aria e Solea, tutte comprese nell’area di Porta Nuova.
Sezione interessante. Forse. Così come le proposte per avveniristici grattacieli pensati per punti specifici della città e realizzati con mattoncini Lego da noti studi di progettazione – in realtà c’è anche chi ne approfitta per proporne uno con le fattezze della libreria, presentata al Salone del Mobile di tre anni fa.
Ripensando a quanto visto ci viene da definire la mostra con l’aggettivo didattica, finalizzata a provare come a Milano, nel tempo, si sia passati – a seguito di un lungo processo evolutivo – dalla tipologia della casa alta alla torre, fino al grattacielo. Una mostra che giustifica agli occhi dei cittadini la presenza dei tanti grattacieli costruiti in città in questi ultimi anni, in una gara verso il cielo degna figlia di un certo pensiero reconditamente fallico ma nazional popolare in alcune regioni del nord Italia. Peccato che la realtà che circonda il piccolo edificio giallo, sede della Fondazione, sia così distante non solo dalle provocazioni del Portaluppi o dai sogni utopici di Sant’Elia ma anche dalle eleganti proporzioni del Grattacielo Pirelli – che resta modello insuperabile e, al momento, effettivamente insuperato
La vocazione di trasformare Milano in una moderna Manhattan è circoscritta agli ultimi decenni e fa davvero sorridere veder paragonati, di volta in volta, i parchi urbani milanesi al Central Park. Ci si chiede se tali accostamenti siano ironici o denotino una certa mancanza di senso della realtà. Permetteteci di aggiungere che, alla luce dei grattacieli inaugurati in questi ultimi anni nei Paesi arabi, si potrebbero ridefinire i criteri per appellare con tale nome alcuni edifici semplicemente un po’ più alti, con buona pace dei baldanzosi promotori delle operazioni immobiliari milanesi. In altre parole, sarebbe forse il caso di usare altre terminologie, copiando il metodo utilizzato per le uova – suddivise in base alle loro dimensioni.
Ciò che spiace profondamente è l’assoluta acriticità di chi non consideri quanto sia complicato abituarsi a questi blocchi vetrati, sorti dal nulla ed estranei culturalmente ed esteticamente alla tradizione urbana milanese fatta di edifici bassi. Siamo d’altro canto consci che, a mano a mano che la patina grigiastra tipicamente milanese si depositerà sulle loro superfici, anche i nostri occhi cominceranno a guardarli con maggior tolleranza. Ci sembrano tuttavia grottesche queste operazioni di marketing camuffate da evento culturale, che servono soprattutto a promuovere e ottenere consensi a larga scala su più o meno valide operazioni immobiliari.
Il dubbio sull’aver sbagliato indirizzo ora è più forte che mai. Così, uscendo, chiediamo conferma al custode di essere davvero entrati nei locali dedicati alla mostra e non, piuttosto, nell’ufficio vendite.
 
Silvana Costa
 

 

La mostra continua:
Fondazione Riccardo Catella
via Gaetano De Castillia, 28 – Milano
fino a sabato 6 dicembre 2014
orari lun a ven dalle 10.00 alle 18.00 e il sab dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.00 (salvo eventuali comunicazioni)
www.fondazionericcardocatella.org
 
Grattanuvole
Un secolo di grattacieli a Milano
a cura di Alessandra Coppa
enti promotori Regione Lombardia, Comune di Milano, EXPO 2015, Ordine degli Architetti della Lombardia
 
Catalogo digitale:
a cura di Giuseppe Marinoni
casa editrice Smownpublishing

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