La vendetta dell’inferno ribolle nel mio cuore

Al Teatro dell’Olivo di Camaiore arriva Amadeus di Peter Shaffer, nuova produzione dello Stabile di Genova con Tullio Solenghi e Aldo Ottobrino.

Era il tempo del gioco d’azzardo nei ridotti e nei ridottini; degli aristocratici che sbocconcellavano lautamente, gettando gli avanzi sulle teste dei plebei in platea; degli attori che interloquivano con gli spettatori, tra sghignazzi e sberleffi; degli evirati che innalzavano al cielo le loro voci bianche, conquistando le signore del mondo; di gozzoviglie nei palchetti più illuminati dello stesso palcoscenico. Certo, alle porte dei teatri stavano per bussare le elucubrazioni di Wagner sull’arte totale e l’oscurità del golfo mistico e incombevano ormai i tempi in cui l’Imperatore Giuseppe II scriveva che: “I denari pubblici, che si cavano dal suddito, sono destinati a tutto altro oggetto, che a pagare cantanti, e ballerini”; ma un esiguo spazio pur tuttavia restava per il geniale e scurrile, indebitato impenitente, per il giocoso maestro del turpiloquio, Wolfgang Amadé (come si firmava nelle lettere indirizzate alla cugina Anna Maria Thekla).
Partendo dal personaggio reale, Shaffer scrive nel ’78 il suo Amadeus che, pochi anni più tardi, si trasforma nel capolavoro in costume di Miloš Forman – innestando su due componenti del maestro salisburghese, genialità e joie de vivre,  una fitta trama di sotterfugi e furberie che avrebbe messo in atto un antistorico e mefistofelico Antonio Salieri, roso dall’invidia per il divin fanciullo, tanto da invocare su di sé la vendetta di dio, come un novello Lucifero da Paradise Lost.
Il testo teatrale, nuovamente nelle sale italiane, riporta alla ribalta non solamente il duello Salieri/Mozart ma soprattutto quello tra genio e mediocrità, dove al primo spetta l’onore dei posteri e alla seconda la fama tra i contemporanei. Sullo sfondo, un ritratto impietoso degli intrighi di potere, che sembrano specchio dei tempi presenti – dove si blatera di meritocrazia all’ombra di mazzette, raccomandazioni e favoritismi. Un misurato Tullio Solenghi (Salieri) e un brioso Aldo Ottobrino (Mozart) si destreggiano bene tra momenti comici e drammatici; mentre il ritmo della pièce è felicemente intercalato da brani musicali che esplicitano meglio di mille parole la grandezza mozartiana. Felici i momenti che virano al grottesco, grazie anche all’uso delle luci: persino nei tratti del volto, Salieri esprime tutto lo squallore di una vita passata a contemplare la bellezza irraggiungibile, conscio del proprio senso critico ma assetato di attingere a quella nota, a quel periodo musicale, che darebbero linfa vitale ai suoi componimenti esangui.
L’ottimo Solenghi, nell’ultimo atto di questa scellerata caduta negli abissi, rivendica, quasi – come la temibile Regina della Notte – che “la vendetta dell’inferno ribolle nel suo cuore“, ma nell’atto supremo, il tentativo di suicidio, rivela tutto il proprio fallimento umano perché, per i mediocri, non può esservi grandezza nemmeno nella morte.

Simona M. Frigerio e Luciano Uggè

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro dell’Olivo

corso Vittorio Emanuele – Camaiore (Lucca)
venerdì 18 dicembre, ore 21.00
 
Amadeus
di Peter Shaffer
versione italiana Masolino d’Amico
regia Alberto Giusta
con Tullio Solenghi, Aldo Ottobrino, Roberto Alinghieri, Arianna Comes, Davide Lorino, Elisabetta Mazzullo, Andrea Nicolini
scena e costumi Laura Benzi
luci Sandro Sussi
produzione Teatro Stabile di Genova / Compagnia Gank
www.compagniagank.com

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