Biennale di Venezia: l’utopia politica e multietnica di Enwezor

Ci siamo: la Biennale Arte di Venezia numero 56 (9 maggio- 22 novembre 2015) è aperta: Giardini, Arsenale, Corderie e un buon numero di eventi nei palazzi veneziani. Le interrogazioni cominciano a circolare, poiché Marx e il suo Das Kapital sono declamati nella grande Arena rossa ad ogni ora del giorno dentro il  Padiglione Centrale segnato all’esterno dai cupi teleri dell’artista colombiano Murillo, molto black-bloc. Ricorrente nella poetica è il nero anche per il buio che accoglie dentro ai padiglioni rischiarati il minimo indispensabile; l’ “impegno” sui temi sociali inizia proprio dal grande Muro fatto di valigie dei migranti (1993) di Fabio Mauri.
Dichiaratamente un’edizione speciale, questa 56esima Biennale di Venezia, partita in maggio con un mese di anticipo per allinearsi a Expo: si celebrano i 120 anni dalla sua fondazione, ma anche cento anni dalla Prima Guerra Mondiale e 75 dalla Seconda. Il tema All the World’s Futures è stato voluto fermamente da Okwui Enwezor il direttore prescelto, nigeriano di origine, newyorkese/inglese di adozione: nell’incalzare delle tensioni in tutto il mondo, la grande kermesse veneziana intende offrire considerazioni (non univoche) attraverso vari filtri politici, geografici ed estetici. Nota dominante: ovunque il gigantismo delle opere che molto spesso nei padiglioni sembrano volersi muovere autonomamente rispetto al tema generale.
Ai Giardini qualche provocazione: il padiglione israeliano è un bunker di pneumatici, quello russo è occupato da una gigantesca maschera antigas di Irina Nakhova (davanti a cui molti si fanno fotografare). Ambiente “verde” per la Francia  con due enormi pini marittimi semoventi, tipico di Revolutions di Celeste Boursier-Mougenot: forniti di terra e radici, si spostano lentamente con fruscii di rami per ammaliare i visitatori comodamente sdraiati su lunghi divani. La Gran Bretagna mette in scena la provocazione del sesso esplicito di Sarah Lucas, il Canada è un minimarket multietnico; salendo da una stretta scala si arriva alla Germania con le sue molteplici istanze sociali. Magico il Giappone di Chiharu Shlota con le mille chiavi appese a una nuvola rossa su un legno di barca corroso dal tempo. E la Cina porta il colore dei suoi villaggi, fuori dallo smog delle metropoli, attraverso musica, arte e new media. Nella Santa Sede, una bella sequenza di foto in bianco e nero firmata da Mario Macilau nel 1984 con i ragazzi di strada di Maputu; nel padiglione Olanda, un’autentica tassonomia di piante, sassi, rami, conchiglie, foglie.
All’Arsenale, da tutti i futuri del mondo sottolineati da suoni e detonazioni spesso assordanti, pochi i sussurri che si confondono tra rovine ed espressioni violente in un contesto di globalità di presenze artistiche le più sconosciute, dove il coordinamento risulta praticamente impossibile. Annotiamo: la torre di tamburi alta sette metri di Terry Adkins, il Cannone semovente di Pino Pascali per una citazione del 1965, il Throne di Mabunda fatto di ordigni esplosivi, l’azione politica di un collettivo antiPutin, rottami da apocalisse cosmica di Katharina Grosse. Ancora, altri materiali simbolici a indicare atti politici o sociali, come le sculture horror fatte con le motoseghe da Monica Bonvicini. Il contrasto è la delicatezza di un Boltanski  con il tintinnio, arrivato dal Giappone, delle campanelle della videoinstallazione Animitas.Se repetita juvant,  da altre Biennali ritornano Chris Ofili, Bruce Nauman, lo svizzero Hirschhorn, Georg Baselitz, Marlene Dumas. Sempre ottimi.
Misurato e denso di suggestioni nella penombra quasi da monastero, il Codice Italia firmato da Vincenzo Trione con 15 artisti ben scelti: su tutti, Mimmo Paladino e Paolo Gioli, ma anche Vanessa Beecroft e Marzia Migliora propongono installazioni molto coinvolgenti.Un po’ in giro per Venezia, altri Padiglioni: San Marino e i suoi cento lupi in ferro pronti a sbranare una Pietà di Michelangelo. Azerbaijan sottolinea drasticamente i mutamenti in un tempo difficile. Si potrebbe continuare….
Come sempre Venezia, la regale, lascia trascorrere ogni cosa sulle acque della Laguna, nella sua eterna bellezza.

Fabrizia Buzio Negri

La mostra continua:
Giardini / Arsenale
Campo della Tana – Venezia
fino a domenica 22 novembre 2015
orari 10.00 – 18.00
10.00 – 20.00 sede Arsenale, venerdì e sabato fino al 26 settembre
chiuso il lunedì – esclusi lunedì 1 giugno e 16 novembre
la biglietteria chiude mezz’ora prima
www.labiennale.org
 
56. Esposizione Internazionale Biennale d’Arte
All the World’s Futures
diretta da Okwui Enwezor
organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta

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