In ricordo di Peter Lindbergh

A pochi mesi dalla morte di Peter Lindbergh, avvenuta il 3 settembre 2019 a soli 74 anni, Giorgio Armani dedica all’amico fotografo una mostra nello scenografico spazio dei Silos di via Bergognone a Milano.

Peter Lindbergh trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Duisburg, il principale centro siderurgico della Germania, specializzato nella produzione dell’acciaio. I viaggi compiuti da quando inizia l’avventura nel mondo della fotografia, toccando le più belle città del mondo, non sono mai riusciti a cancellare dalla memoria di Lindbergh l’opaco paesaggio industriale di Duisburg. Nei patinati servizi di moda fanno talvolta capolino i vapori che dissolvono i contorni delle figure e gli sfondi minimalisti, grigi e freddi come il metallo, a testimonianza di quanto l’atmosfera di quella città gli sia rimasta incisa nell’anima, di come rappresenti la sua Heimat, le radici del suo essere e della sua estetica.
Heimat. A sense of belonging è un viaggio nel mondo di Lindbergh ambientato nei Silos progettati per Giorgio Armani da Tadao Ando, spazi che sono perfetta location per l’evento, offrendo una sorta di continuità tra il cemento faccia a vista delle pareti, il bianco e nero delle stampe di grandissimo formato e, sovente, i luoghi scelti quale set fotografico. La visita alla mostra curata da Armani, quale omaggio all’amico scomparso, si rivela così per i visitatori un’esperienza emozionale totalizzante, da cui uscire provati dalla bellezza delle immagini ma pure dalla loro drammaticità.
L’imponenza delle strutture civili e industriali erette dall’uomo fa da filo conduttore della seconda sezione dell’esposizione, intitolata semplicemente Heimat. Giorgio Armani racconta l’immaginario di Lindbergh con una rassegna di scatti spettacolari – come per esempio quelli delle campagne di Comme des Garçons – ambientati nell’universo dei grandi impianti produttivi, citazione dell’infanzia nella Ruhr, con le modelle in posa tra i macchinari o nei sobborghi operai della stessa Duisburg. A queste lo stilista accosta fotografie in cui protagoniste sono le creazioni di architettura e ingegneria: le gru, i ponti, la metropolitana di New York, la torre Eiffel e uno scorcio della Shell House (1930/31) a Berlino.
Lindbergh tuttavia è consegnato alla storia della fotografia per l’invidiabile capacità di entrare in sintonia con il soggetto davanti all’obiettivo, fino a farne affiorare, come dalla nebbia che d’inverno sale dal Reno e inghiotte Duisburg, la reale personalità. The naked truth, la nuda verità è il titolo della prima delle tre sezioni di cui si compone la mostra ed espone i ritratti delle celebrità scattati nel corso degli anni. Star di Hollywood, modelle, artisti posano per lui – anche in più occasioni come Charlotte Rampling (1987 e 2016) – prive di orpelli, trucco o effetti speciali, lasciando emergano le irregolarità del volto e i segni dell’età. Nelle foto di Lindbergh i soggetti ne escono come trasfigurati e, privi di sovrastrutture, rivelano la propria essenza: i critici parlano di una forma di nuovo realismo che stravolge i canoni della fotografia. Il pubblico in visita può così lasciarsi affascinare dall’animo guerriero di Linda Evangelista, dall’innocenza di Nadja Auermann, dalla cupezza di Antonio Banderas e, ancora, dalla serenità di Pina Bausch, da Jeanne Moreau, Catherine Deneuve, Isabella Rossellini, Isabelle Huppert, Eddie Redmayne, Jake Gyllenhaal.
The modern heroine è ideale sintesi delle peculiarità evidenziate nelle due sezioni precedenti e, come a compimento di un percorso umano e stilistico, racconta di una donna indipendente, forte e cosciente delle proprie potenzialità. Un’idea di donna che accomuna le visioni di Giorgio Armani e Peter Lindbergh: gli abiti del primo la vestono con linee fluide che le conferiscono sinuosità senza costringerla, che la fanno sentire a proprio agio trascendendo le mode passeggere. Di rimando, il secondo pone al centro delle sue composizioni l’individuo, utilizzando l’abito come uno dei vari attributi che consentono a chi guarda di comprenderne la personalità. Donne che non sono meri manichini o evanescenti ombre sullo schermo del cinema ma protagoniste della propria vita. Armani porta ad esempio per i visitatori la sua musa, Cate Blanchett, immortalata a guisa di diva della vecchia Hollywood, Kate Winslet e Lorraine Bracco che giocano con il loro lato maschile e Tina Turner riconoscibile anche solo dall’ombra per la chioma leonina e l’incedere deciso.
Come non chiudere la rassegna con un’immagine estratta dal servizio commissionato da Harper’s Bazaar a Peter Lindbergh nel 2005 sulle creazioni degli stilisti ispirate ai movimenti pacifisti hippie degli anni Settanta. Un messaggio di speranza – per quanto patinato – per una mostra che, inizialmente prevista fino a fine agosto, causa Covid-19 è prorogata al 10 gennaio 2021. La prima domenica del mese l’accesso è gratuito ma con prenotazione obbligatoria.

Silvana Costa

La mostra continua a:
Armani/Silos

via Bergognone 40 – Milano
fino all’estate 2021
orari: mercoledì – domenica 11- 19
www.armanisilos.com

Heimat
A sense of belonging
fotografie di Peter Lindbergh
a cura di Giorgio Armani
in collaborazione con la Fondazione Peter Lindbergh

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