Stilemi e cliché

Virgilio Sieni 12Al teatro Era di Pontedera va in scena la nuova creazione di Virgilio Sieni, Angelus Novus. Partendo dalla suggestione di un acquerello di Klee, ispirato al disegno infantile, si torna a parlare di storia.

Facciamo una breve premessa per capire da dove parta quest’ultima creazione di Sieni e quale sia la poetica di fondo della coreografia firmata dal direttore di Biennale Danza 2015.
Sieni racconta: “Angelus Novus è il titolo di un quadro di Paul Klee, acquistato dal filosofo Walter Benjamin che allegoricamente lo proietta, con un gesto dinamico, nella tragicità della storia. Col viso rivolto al passato, eretto davanti a noi, sulla soglia della storia, ci indica, con le macerie che si accumulano ai suoi piedi, la possibilità dell’arte di intravedere l’avvenire nel buio del presente.
Benjamin però non ha precisamente la stessa visione del medesimo angelo, in quanto scrive: “C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”.
Per Sieni, quindi, l’angelo indica nell’arte un mezzo per superare gli orrori del presente. Si volge, in certo senso, al futuro. Mentre l’angelo di Benjamin fissa ancora il passato, al quale vorrebbe rimanere ancorato, mentre le sue ali si impigliano nella tempesta del progresso e l’unica redenzione possibile, per la tragedia umana, resta la memoria.
Profonde differenze di sentire che giungono dal medesimo acquerello. Questo perché l’arte, da sempre, quando è tale ha una tale ricchezza polisemica che ognuno vi può intravedere ciò che maggiormente lo ispira e può suscitare, sempre in ognuno, sensazioni diverse a seconda dello stato d’animo presente e del vissuto passato.
Ma ora veniamo all’ultima coreografia di Sieni, nata da queste suggestioni. Ritroviamo come in Esodo (visto lo scorso luglio a Orizzonti Verticali), sia alcuni stilemi quali il lavoro con non professionisti di diversa età e prestanza fisica, sia il tema della tragicità della storia. Non a caso, aggiunge lo stesso Sieni: “Ho pensato di ricostruire un luogo abitato da macerie, cioè da corpi di messaggeri colti nell’attimo apocalittico della sospensione… Siamo allo stesso tempo ai margini e dentro un esodo che ci dilegua come uomini”.
Ma lo siamo veramente? Come spettatore non mi sono sentita dentro a un quadro, quanto ai suoi bordi. Seduta per terra di fronte a due categorie ben distinte di performer. I professionisti, che ripetono il tema della caduta a più riprese e in varie posizioni plastiche che potrebbero trasformarsi in una coreografia coesa se ne avessero lo spazio e il tempo ma che, al contrario, affiancati dai non professionisti, stridono in certa maniera per la loro qualità e, nel contempo, non possono dispiegare le ali della loro arte. E dall’altra, i non professionisti, che ripetono gesti ormai consueti al teatro danza: la corsa, il girotondo, alzare le mani lentamente, buttarsi a terra, rotolare a terra, camminare insieme verso il medesimo punto o disperdersi ai quattro angoli del quadrato, e così via, che possono sposarsi con qualsiasi o anche con nessun enunciato poetico preciso.
E così, seppure l’idea base di lavorare anche con non professionisti possa, a volte, essere interessante, come quest’estate, quando una popolazione (quella di Poggibonsi e San Gimignano) poteva specchiarsi nei gesti di abbandono o dolore dei propri concittadini. Altrove, il medesimo stilema si trasforma in cliché e si avverte il bisogno di un ritorno al gesto proprio del danzatore eseguito con l’arte sua propria, all’interno di una coreografia che esprima senso attraverso un segno preciso nello spazio e nel tempo.

Simona M. Frigerio

Virgilio Sieni 1Virgilio Sieni 2 

Lo spettacolo è andato in scena:
Fondazione Teatro della Toscana

Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale
Parco Jerzy Grotowski
via Indipendenza – Pontedera (PI)
Sabato 31 ottobre, ore 21.000 e domenica 1° novembre, ore 18.30
www.centroperlaricercateatrale.it
www.teatrodellatoscana.it

Compagnia Virgilio Sieni presenta:
Angelus Novus
ideazione e coreografia Virgilio Sieni
assistente alla coreografia Marina Giovannini
musica Roberto Cecchetto, eseguita dal vivo dall’autore
danzatori Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti e Giulia Mureddu
altri interpreti Otto Bianchini, Matteo Bianchini, Elia Bianucci, Sonia Bieri, Greta Canalella, Giuseppe Comuniello, Graziano Giachi, Chiara Lazzerini, Gregorio Lombardi Vallauri, Ada Mizzi, Alma Portone, Maria Szydlowska, Ilaria Tocchi ed Elena Turchi
produzione Fondazione Teatro della Toscana
in collaborazione con Accademia sull’arte del gesto
si ringrazia Istituto Superiore di Studi Musicali Pietro Mascagni di Livorno
www.virgiliosieni.it

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