Una specie di Alaska

La pièce di Harold Pinter, ispirata all’esperienza di Oliver Sacks con i superstiti dell’epidemia di encefalite letargica di inizio Novecento, nell’allestimento firmato CamparIPadoaN convince ed emoziona il pubblico milanese.

Harold Pinter tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli Ottanta dà vita a una serie di opere teatrali dedicate al tema della memoria e del suo misterioso funzionamento. Il maestro del teatro dell’assurdo nel 1982 scrive e porta in scena Una specie di Alaska, un atto unico in cui descrive lo spaesamento di Deborah risvegliatasi grazie ai progressi della medicina dopo un sonno durato trent’anni.
L’opera è ispirata al saggio scientifico Risvegli pubblicato nel 1973 dal neurologo Oliver Sacks e incentrato sul lavoro da lui svolto con un gruppo di pazienti sopravvissuti all’epidemia di encefalite letargica che, a cavallo degli anni Venti del Novecento, contagia oltre 5 milioni di persone in tutto il mondo, uccidendone 1,6. I sopravvissuti riportano sovente gravi lesioni a quelle parti del cervello che regolano i ritmi di sonno e veglia e, come la protagonista della pièce di Pinter, dormono continuatamente giorno e notte perdendo ogni contatto con la realtà circostante.
La compagnia CamparIPadoaN è attualmente in tour con un nuovo allestimento di Una specie di Alaska, prodotto a partire dalla traduzione firmata da Alessandra Serra e dall’1 al 3 marzo è in scena a fACTORy 32 di Milano.
Natascha Padoan è magistrale nel ruolo di Deborah: emoziona il pubblico sino alla commozione nel rendere lo smarrimento dell’adolescente addormentatasi alla vigilia del sedicesimo compleanno e ritrovatasi d’un tratto adulta. L’attrice associa ai movimenti involontari della malattia – che talvolta portano a confonderla con il morbo di Parkinson – e alla rigidità di un corpo troppo a lungo rimasto inattivo i capricci infantili, accompagnati da un’espressione beffarda del viso; a un’interpretazione dalla forte componente fisica la voce e la risatina sciocca di una ragazzina: il risultato è il realistico ritratto di una persona spaventata ma non menomata. La malattia infatti non ha danneggiato le capacità intellettive di Deborah: Hornby, il medico al suo fianco sin dal ricovero in ospedale, spiega con una metafora come la sua mente non si sia mai fermata ma abbia vagato in lande remote, estranee, fredde, bianche e lontane come l’Alaska.
Hornby nell’interpretazione offerta da Matteo Banfi mostra una straordinaria dedizione a Deborah, quasi che l’averne sposato la sorella Pauline sia un mero escamotage per non allontanarsi da lei e dall’affascinante malattia che l’ha colpita. Asia Morellini conferisce a Pauline quella misurata compostezza necessaria a svolgere il complesso quanto delicato compito di traghettare Deborah al presente evitandole, nei limiti del possibile, traumi psicologici.
Una specie di Alaska proposta dalla compagnia CamparIPadoaN risulta affascinante e commovente. Bravi gli attori diretti con delicatezza da Gabriele Calindri, attento nel dosare il pathos affinché non prevarichi la storia, i personaggi e le relazioni tra di essi, descrivendo tra le righe il complesso viaggio in Alaska affrontato anche dai famigliari dei malati di encefalite letargica, sospesi in una perenne attesa del loro risveglio.

Silvana Costa

Lo spettacolo continua:
fACTORy32
via Watt 32 – Milano
fino a domenica 3 marzo 2024
orari: venerdì e sabato 19.30
domenica 16.30
www.factory32.it

Una specie di Alaska
di Harold Pinter
traduzione Alessandra Serra
con Natascha Padoan, Matteo Banfi, Asia Morellini
assistente regista Laura Zaninetti
assistente alla regia Barbara Villa
musiche originali Michele Voltini
audio/luci Reflex Staff
regia Gabriele Calindri
produzione CamparIPadoaN

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