La vita davanti a sé

Silvio Orlando torna per la terza Stagione consecutiva al Teatro Franco Parenti di Milano con La vita davanti a sé, la pièce tratta dall’omonimo romanzo di Romain Gary pubblicato in Francia nel 1975, e di nuovo sfiora il tutto esaurito per le repliche in programma sino a sabato 4 novembre.

L’attore confida di essere rimasto travolto dalla storia e di aver avvertito la necessità di portarla in scena “perché racconta tutte le sfide a cui noi italiani siamo stati sottoposti negli ultimi decenni: la convivenza con etnie diverse, che dev’essere un’opportunità, non una paura isterica dell’altro; l’indagine sul rapporto con la propria madre, (…) e l’ansia di costruire un futuro, di dare un senso alla propria vita non avendo nessuno strumento tra le mani”. Sfide già di per sé importanti se affrontate da adulti ma straordinarie quando sostenute da un bambino. Momò in realtà le vive con naturalezza: fanno ormai parte del suo trantran quotidiano così come il fitto viavai dei bambini con cui si trova a convivere a casa di Madame Rosa nel quartiere parigino di Belleville.
Mohamed o, come dicevan tutti, Momò è un bambino arabo, affidato dalla madre a Madame Rosa, una ex puttana che, ritiratasi dalla professione, si occupa – a pagamento ovviamente – degli “incidenti sul lavoro” delle giovani colleghe. Puttana, come dice con naturalezza Momò, senza quei falsi pudori linguistici dietro cui ci si ripara crescendo.
Il narratore cui Silvio Orlano presta la voce in scena è lo stesso Momò che serio e composto, con un leggero accenno di broncio – alla francese –, pur avendo ancora tutta la vita davanti a sé, si sofferma a rievocare i primi anni di vita, retrocedendo sino a quando riesce ad averne memoria. Anni che, osservati con occhi da adulto, lo obbligano a crescere in fretta, in un ambiente povero al limite dell’indigenza, a farsi carico di responsabilità enormi per la sua età e vissuti cercando disperatamente l’amore della madre o di una figura che ne faccia le veci.
Anni che Momò descrive con composta serietà, traendo bilanci, considerazioni e insegnamenti. Intorno a lui, nel palazzo fatiscente dove vive al sesto piano senza ascensore, gravita l’allegro vicinato multietnico dove il diverso è proprio il bambino francese venuto a stare per un po’ da Madame Rosa: Momò e gli altri piccoli di casa lo studiano a lungo per convenire alla fine che è esattamente identico a loro.
Il bello di La vita davanti a sé è proprio questo: poter tornare a guardare il mondo con gli occhi innocenti di un bambino. Osservare le persone con curiosità, per capirle, per conoscerle e non per giudicarle.
Grandi protagoniste della storia – come di tutti gli scritti di Romain Gary –, osservate e descritte sempre con grande cura, sono le donne, a iniziare da Madame Rosa, una signora possente, segnata dall’età, dalla povertà e dall’esperienza nel campo di concentramento di Aushwitz, bizzarra nei modi e nell’aspetto. Lei è la figura più simile a una madre che Momò conosca nei suoi primi anni di vita e di cui lui si occupa quando l’avanzare dell’età ne mina il fisico e la mente, accostando la propria solitudine alla sua a formare una specie di famiglia. Ci sono poi la madre, immaginata e attesa a lungo, e la bella Nadine che spera in cuor suo, anche se sa avere già due bambini, possa prenderlo con sé.
Silvio Orlando è delicato nel calarsi nei panni del piccolo Momò, facendo trasudare tutta la poesia del racconto di quest’anima sola, obbligata a crescere troppo in fretta. Attimi di tristezza che straziano il cuore alternati a situazioni in cui strappa sorrisi al pubblico come quando strabuzza gli occhi e si interroga davanti a novità, finendo spesso per darsi strampalate interpretazioni degli eventi.
La poesia del racconto è enfatizzata dalla delicata scenografia di Roberto Crea che, esaltata dal disegno luci di Valerio Peroni, conferisce a La vita davanti a sé  una dimensione da favola. Accompagnano lo spettacolo quattro eccellenti musicisti: Marco Tardito, Maurizio Pala, Simone Campa e Kaw Sissoko che, sia con il suono di kora e djembe, sia quando affianca Orlando in alcune scene parlando nella propria lingua natia, contribuisce a ricreare il clima di vivace multietnicità del palazzo di Momò.
La vita davanti a sé, come sottolinea Silvio Orlando, riporta gli spettatori più maturi a un’epoca e a modi di vivere che ormai non esistono più ma a tutti, indistintamente, regala un momento di evasione dalla frenesia quotidiana concedendogli il piacere di accoccolarsi in poltrona e ascoltare una bella storia.

Silvana Costa

Lo spettacolo continua:
Teatro Franco Parenti – Sala Grande
via Pier Lombardo, 14 – Milano
fino a sabato 4 novembre 2023
www.teatrofrancoparenti.it

La vita davanti a sé
traduzione Giovanni Bagliolo

edizione Biblioteca Neri Pozza
tratto dal romanzo La vie devant soi
di Romain Gary Émile Ajar © Mercure de France
diritti teatrali gestiti dalle edizioni Gallimard con il nome di Roman Gary come autore dell’opera originale
interpretazione, riduzione e regia Silvio Orlando
con quartetto musicale composto da Kaw Sissoko – kora e djembe, Simone Campa – chitarra battente e percussioni, Maurizio Pala – fisarmonica, Marco Tardito – clarinetto e sax
organizzazione Maria Laura Rondanini
scene Roberto Crea
disegno luci Valerio Peroni
costumi Piera Mura
produzione Cardellino srl
Spettacolo vincitore Le Maschere del Teatro Italiano 2022 per Miglior monologo
durata 1 ora e 30minuti

Questa voce è stata pubblicata in Milano, prosa&danza, Teatro Franco Parenti e contrassegnata con , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.