Paradiso per due

Lo storico dell’arte Stefano Zuffi mette a confronto i percorsi artistici e umani di due fiorentini illustri che con le proprie opere hanno traghettato la cultura occidentale dal Medioevo all’Umanesimo: Giotto e Dante.

Dopo il successo registrato con Eterni ragazzi. Raffaello e Mozart due vite allo specchio Enrico Damiani Editore dà alle stampe un nuovo doppio ritratto realizzato dallo storico dell’arte Stefano Zuffi: Paradiso per due. Giotto e Dante, dalle pecore alle stelle. Pretesto per il secondo volume di quella che potrebbe diventare una fortunata serie è, ancora una volta, un importante anniversario: la morte di Dante Alighieri avvenuta la notte tra il 13 e il 14 settembre di sette secoli fa.
Il titolo scherzoso combina con efficacia i riferimenti ai capolavori e alle vite di questi due artisti, pressoché coetanei (Dante Alighieri nasce nel 1265 e Giotto di Bondone nel 1267), che segnano indelebilmente l’Italia del Trecento, ponendo le basi per la grande rivoluzione umanistica rinascimentale. Zuffi tuttavia trova l’origine di siffatto cambiamento di prospettiva nell’esempio di un altro personaggio iconico, il cui culto a fine Medioevo è ormai diffuso in tutta l’Europa cristiana: San Francesco d’Assisi. “L’arte legata a San Francesco parte da un presupposto per l’epoca del tutto rivoluzionario: l’universo terreno non è un mero luogo di passaggio prima della vita eterna, e tanto meno una valle di lacrime, ma anzi il campo dell’incontro tra Dio e l’uomo, uno spazio che l’individuo può riempire e interpretare” (pag. 51).
Alla luce di queste premesse, possiamo capire perché Giotto, sebbene cresciuto nella bottega di Cimabue – artista ancora legato alla tradizione figurativa bizantina, per cui la vita terrena è mero riflesso di quella celeste –, resti folgorato dalle sculture di Nicola Pisano e, ispirato, si evolve passando dalla piatta rappresentazione di un simbolo a quella di un individuo immerso nello spazio. Egli prende a popolare i suoi dipinti di figure reali: i volti non sono più maschere ieratiche ma esprimono sentimenti, i personaggi sono contestualizzati in un ambiente loro famigliare – negli affreschi dedicati alla vita di San Francesco si premura di riprodurre in maniera riconoscibile Assisi e il suo circondario – e acquistano tridimensionalità. Una rappresentazione realistica adottata tanto per le persone quanto per gli animali di cui Ritiro di Gioacchino tra i pastori (1303/05), uno degli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova, utilizzato per illustrare la copertina del volume, è un pregevole esempio.
Dante dal canto suo con i ricercati versi della Divina Commedia contribuisce significativamente al processo di evoluzione e affermazione della lingua volgare, riscuotendo consensi tra i membri di ogni classe sociale. Tale percorso stilistico non sempre è compreso e condiviso dagli accademici vecchio stampo che, come il felsineo Giovanni del Virgilio, pur riconoscendone il valore, lo esortano a servirsi della lingua degli antichi. Dante rifiuta categoricamente, sicuro che tale decisione gli porterà gloria e onori.
Egli non si sbaglia: lui e Giotto diventano autentiche celebrità, acclamati dal volgo e contesi dai ricchi signori e, inevitabilmente, finiscono per dar prestigio con la propria presenza l’uno ai capolavori dell’altro. Dante per esempio nel Canto XI del Purgatorio incontra tra i superbi il miniatore Oderisi da Gubbio che, per meglio illustrargli quanto effimera sia la gloria degli uomini, costruisce un parallelo con un artista suo concittadino: “Credette Cimabue ne la pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, / sì che la fama di colui è scura” (94-96). Giotto invece ritrae il sommo poeta fra i beati nella cappella del Palazzo del Bargello.
Stefano Zuffi, come nel volume precedente incentrato su Raffaello e Mozart, in Paradiso per due non si concentra su una meticolosa ricostruzione biografica delle vicende occorse a Giotto e Dante, preferendo mettere a confronto i due personaggi su temi specifici. Per quanti ne sentissero la necessità, in appendice è riportata una sequenza cronologica dei principali fatti inerenti i due illustri fiorentini. I testi di Boccaccio, Leonardo Bruni, Giovanni Villani, Lorenzo Ghiberti, Giorgio Vasari, Luigi Vittorio Scaramuccia e pure Leonardo da Vinci sono solo alcune delle fonti cui attinge lo storico dell’arte per gli episodi curiosi riportati in Paradiso per due, avendo sempre cura, quando necessario, di ricostruire la veridicità o la verosimiglianza dei fatti. A Zuffi spetta tra l’altro l’ingrato compito di ridimensionare il mito di Giotto e Dante alimentato incessantemente nei secoli, raccontando di due persone che, al di là dell’indubbio talento e del fondamentale ruolo culturale e artistico svolto, non sono stelle cadute dalla volta celeste ma figli del loro tempo, con pregi e difetti. “In estrema sintesi Dante cerca il fruscìo imperituro delle foglie dell’alloro caro ad Apollo, Giotto preferisce l’allegro tintinnio dei soldi sonanti, e pare indifferente ai titoli e agli onori” (pagg. 123/124).
Il titolo di ciascuno dei 10 capitoli di cui si compone il volume accosta versi presi in prestito dalla Divina Commedia a una descrizione estremamente tranchant dell’argomento di turno capace, tra il serio e il faceto, di lasciar presagire l’esito dell’esame. Stefano Zuffi inizia descrivendo il rapporto tra Giotto e Dante e contestualizzandoli nella Firenze di fine XIII / inizio XIV secolo, scossa da violente rivalità politiche eppure una delle città più floride, popolose e all’avanguardia d’Europa, con un’attività artistica e culturale che è degno riflesso di siffatta condizione. Le fonti accennano a incontri avvenuti tra i due artisti, verosimilmente a Padova e Ravenna, instaurando un rapporto più simile alla solidarietà tra compaesani in terra straniera che alla tenera amicizia. Una ricerca di conforto da parte di Dante più che comprensibile perché, se Giotto viaggia per raggiungere i committenti che lo reclamano da ogni dove, l’Alighieri è il “Ghibellin fuggiasco” – come lo definisce Ugo Foscolo in Dei Sepolcri –, l’uomo d’armi condannato nel 1302, dopo violenti avvicendamenti politici, all’esilio perpetuo e al rogo in caso di cattura. In più occasioni egli cerca intercessioni per tornare in patria ma, vedendosi proporre in cambio condizioni che ne ledono l’onore, preferisce muoversi di corte in corte offrendo i propri servigi di letterato e diplomatico.
Zuffi prosegue dissertando della profonda devozione di Giotto e Dante per San Francesco, dell’interesse per i moti celesti, sia in termini astronomici sia astrologici. Paradiso per due affronta quindi vizi e virtù di due uomini dal carattere diametralmente opposto, analizzandone il rapporto con il denaro, il successo e il potere.
Il libro è un piacevole svago: scorre lieve e veloce tra aneddoti curiosi e citazioni di testi in latino e in volgare, alcuni probabilmente già noti al lettore altri sconosciuti, che conferiscono colore ai ritratti di due tra i più amati protagonisti della storia italiana. La parte più attesa è probabilmente il confronto puntuale tra i dipinti di Giotto e i canti danteschi proposto nel VI capitolo, “Con questi fiorentin son padovano” – Scrovegni Connection. Si dà qui evidenza alle similitudini riscontrate nel Giudizio universale alla Cappella degli Scrovegni e nelle tre cantiche della Divina Commedia sia nella geografia dei tre regni in cui dimorano le anime dei defunti sia nel trattamento loro riservato. Similitudini non casuali dato il rapporto esistente tra Giotto e Dante ma a chi dei due è ascrivibile l’idea originaria? Ai lettori il piacere di scoprire le conclusioni cui perviene Stefano Zuffi.

Silvana Costa

Stefano Zuffi
Paradiso per due
Giotto e Dante, dalle pecore alle stelle
Enrico Damiani Editore, 2021
192 pagine  
prezzo: 16,00 Euro
www.enricodamianieditore.com

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