La morte e la fanciulla

Elio De Capitani torna a dirigere, con un cast interamente rinnovato, un grande successo del Teatro Elfo Puccini, un testo in cui ci si interroga sulle lacune della giustizia ufficiale e sul diritto di compensarle privatamente.

La morte e la fanciulla, il capolavoro di Franz Schubert, risuona nella stanza delle torture mentre il medico impartisce istruzioni ai militari preposti a estorcere ai dissidenti i nomi dei compagni. Il suo compito è assicurarsi che nel corso delle procedure non vengano superati i limiti di quanto un essere umano possa tollerare, evitando che i prigionieri muoiano prima di aver detto quanto di loro conoscenza.
Le note del Quartetto per archi n. 14 in Re minore D 810 – questo il titolo formale del brano del compositore tedesco – a distanza di quindici anni ancora turbano Paulina, vittima di torture e abusi sessuali negli anni del regime, la protagonista di La morte e la fanciulla di Ariel Dorfman in scena sino al 26 marzo al Teatro Elfo Puccini di Milano.
È importante sottolineare che Dorfman scrive di eventi a lui tristemente noti: all’epoca del colpo di Stato di Augusto Pinochet è consigliere culturale del governo di Salvador Allende e solo per un soffio riesce a sfuggire all’ordine di cattura emesso a suo nome. L’11 settembre 2023 sarà passato mezzo secolo dal golpe cileno, un anniversario importante che si sovrappone al cinquantennale del Teatro Elfo Puccini, festeggiato anche con la riproposizione dei successi che ne hanno scandito la storia tra cui, appunto, questo spettacolo, andato in scena per tre Stagioni consecutive a partire dal 1997, con protagonista Cristina Crippa e la regia di Elio De Capitani.
Oggi, di nuovo sotto la guida di De Capitani, sono in scena Marina Sorrenti nel ruolo di Paulina Escobar, Enzo Curcurù in quello di suo marito, il giudice Gerardo Escobar, e Claudio Di Palma quale interprete del dottor Roberto Miranda.
La scenografia candida e minimalista ai limiti dello spoglio, ideata da Carlo Sala, è efficace nel concentrare l’attenzione del pubblico sui soli personaggi, sui loro dialoghi e azioni, avviluppati in un crescendo di paura e tensione. Gli attori, con Marina Sorrenti in primis, sono straordinari nelle proprie parti, ricreando quell’atroce diatriba tra sete di vendetta e rispetto della legge che da sempre deve attanagliare i sopravvissuti ad atti di violenza, un bivio morale che a tratti sembra condurre alla follia.
Sono passati quindici anni dalle sevizie subite, nel Paese – “forse il Cile” azzarda l’autore, senza voler scendere in ulteriori dettagli, per quanto più avanti i personaggi nominino Pinochet – è finalmente caduta la dittatura. Il Governo ha promesso l’amnistia per i crimini commessi dai militari e dagli aguzzini a vario titolo agli ordini del regime ma tuttavia nomina una commissione per far luce sui delitti, pur garantendo l’anonimato ai carnefici. Voci insistenti fanno il nome del giudice Gerardo Escobar quale capo della commissione ma Paulina, alla sola idea che lui accetti, più che da orgoglio è mossa da indignazione: solo i morti saranno tutelati mentre tutte le persone che, come lei, sono sopravvissute non si vedranno riconoscere giustizia alcuna e il marito, accettando, avvalerà tale sistema.
La donna non si è mai ripresa da quell’esperienza e vive sprofondata in uno stato di apatia perenne. Sebbene possa contare sull’amore di Gerardo in lei qualcosa si è spezzato, la sua vita non è ripresa dal punto in cui si era interrotta al momento della cattura ma galleggia in un eterno limbo. Nemmeno è mai riuscita a raccontare a chicchesia come si siano svolti i fatti e cosa abbia subito.
Una sera, rincasando, Gerardo ha un problema con l’automobile e un uomo di passaggio gentilmente lo aiuta e lo riaccompagna a casa: è il dottor Miranda. Paulina, celata nella penombra, riconosce dalla voce il medico che presiedeva le torture e l’ha violentata ripetutamente; anche il modo di parlare, le citazioni e le espressioni che intercala nei discorsi corrispondono. Ridestatasi dal torpore esistenziale, pur con l’opposizione del marito, trova nel desiderio di farsi da sola quella giustizia che il Governo le nega un inatteso impulso all’azione. Il confronto tra i due coniugi è spunto per una profonda riflessione sulla giustizia e sulla democrazia, un bene quest’ultimo troppo sottovalutato in un’epoca in cui tanti dittatori sono stati destituiti ma altri si palesano all’orizzonte, pronti a salire in carica.

Silvana Costa

Lo spettacolo continua:
Teatro Elfo Puccini – sala Shakespeare
c.so Buenos Aires 33 – Milano
fino a domenica 26 marzo 2023
orario: martedì – sabato 20.30
domenica 16.00
www.elfo.org

La morte e la fanciulla
di Ariel Dorfman
traduzione Alessandra Serra
regia Elio De Capitani
con Marina Sorrenti, Claudio Di Palma, Enzo Curcurù
aiuto regia Nadia Baldi
scene e costumi Carlo Sala
luci Nando Frigerio
suono Ivo Parlati
produzione Fondazione Campania dei Festival – Campania Teatro Festival, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro dell’Elfo
durata 2 ore senza intervallo

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